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Onore a questi ragazzi

I giocatori della nazionale dell’Iran il loro Mondiale lo hanno vinto, eccome se lo hanno vinto, fuori dal campo.
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Onore a questi ragazzi

I giocatori della nazionale dell’Iran il loro Mondiale lo hanno vinto, eccome se lo hanno vinto, fuori dal campo.
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Onore a questi ragazzi

I giocatori della nazionale dell’Iran il loro Mondiale lo hanno vinto, eccome se lo hanno vinto, fuori dal campo.
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I giocatori della nazionale dell’Iran il loro Mondiale lo hanno vinto, eccome se lo hanno vinto, fuori dal campo.
Chiunque sappia almeno un pochino di calcio avrà intuito come sarebbe potuta andare a finire Stati Uniti-Iran – almeno come sarebbe stato il tono della prestazione della nazionale persiana – vedendo i giocatori mormorare l’inno. Schiacciati. Non sapremo descrivere in modo diverso l’impressione che davano questi ragazzi, alcuni significativamente a capo chino, al cospetto del mondo e con alle spalle non un Paese, ma la repressione di un regime folle. Non sappiamo fino a che punto siano vere le voci, circolate a poche ore dalla sfida al “Grande Satana“ statunitense, secondo cui i guardiani della rivoluzione si erano preoccupati di far “visita” ai familiari dei nazionali per far intendere cosa avrebbero rischiato tutti, nel caso non avessero cantato. Non sappiamo che tipo di minacce siano piovute direttamente sulla testa dei calciatori, sappiamo di averli visti annichiliti, mentre muovevano appena le labbra davanti all’occhio della telecamera che sfilava davanti a loro. Quel mezzo di pura cronaca e spettacolo, nel caso di tutti i loro colleghi, per i giocatori iraniani era diventato l’occhio malevolo della macchina del terrore. Provateci a restare perfettamente in silenzio, sapendo cosa potrebbe costare più che a voi, ai vostri cari. Anche in campo l’Iran è come se non avesse giocato, ha avuto una reazione di soli nervi negli ultimi 20 minuti, ma è stato sostanzialmente dominato dagli Stati Uniti. Ha chiuso senza gloria un torneo tecnicamente insignificante, ma questi ragazzi il loro Mondiale lo hanno vinto, eccome se lo hanno vinto, fuori dal campo. Per tutto quello che hanno rappresentato nelle menti e nei cuori dei milioni di connazionali che non ne possono più di un regime violento e oscurantista. Hanno vinto per il coraggio mostrato a tutti noi: una lezione che solo gli stolti possono provare ad annacquare, perché hanno ceduto alle pressioni e hanno cantato l’inno (hanno fatto finta, più che altro), come imposto dai padroni a Teheran. C’è un confine fra il coraggio e la temerarietà fine a se stessa e anche questa è una lezione per chi ha l’enorme fortuna di vivere libero. di Fulvio Giuliani

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