Paola Egonu non è Wonder Woman
Mauro Berruto, deputato del Pd e ct della Nazionale femminile di pallavolo dal 2010 al 2015, parla di Paola Egonu: una ragazza di 23 anni sotto pressione e non una ‘Wonder Woman’.
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Paola Egonu non è Wonder Woman
Mauro Berruto, deputato del Pd e ct della Nazionale femminile di pallavolo dal 2010 al 2015, parla di Paola Egonu: una ragazza di 23 anni sotto pressione e non una ‘Wonder Woman’.
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Paola Egonu non è Wonder Woman
Mauro Berruto, deputato del Pd e ct della Nazionale femminile di pallavolo dal 2010 al 2015, parla di Paola Egonu: una ragazza di 23 anni sotto pressione e non una ‘Wonder Woman’.
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Mauro Berruto, deputato del Pd e ct della Nazionale femminile di pallavolo dal 2010 al 2015, parla di Paola Egonu: una ragazza di 23 anni sotto pressione e non una ‘Wonder Woman’.
«Ai nostri occhi Paola è come Wonder Woman, ma resta una 23enne che convive da tempo con una pressione mediatica esasperata ed è ancora vittima di offese razziste. Pur essendo una persona strutturata, è semplicemente esplosa; ora ha solo bisogno di tempo. L’Italia invece ne ha sempre meno per vincere la sua battaglia culturale di civiltà». Mauro Berruto, deputato del Partito democratico, dal 2010 al 2015 è stato commissario tecnico della Nazionale femminile di pallavolo. Conosce a memoria le leggi non scritte dello sport.
Le offese razziste riportate da Paola Egonu al suo procuratore dopo la vittoria con gli Stati Uniti che è valsa il bronzo ai Mondiali – uno sfogo finito nel video di un tifoso a bordo campo e poi diffuso via social – sono state il detonatore di un accumulo di ferite mai sanate. «Hanno contribuito i commenti razzisti arrivati dai social dopo la sconfitta in semifinale con il Brasile e le inevitabili tensioni nello spogliatoio per il mancato oro mondiale, che ci stanno e fanno parte del gioco» spiega Berruto. «Sono cinque anni che Paola è presa di mira per la sua nazionalità italiana e per il suo orientamento sessuale. Le ha fatto male anche la campagna d’odio successiva alla scelta del Cio di farla portabandiera ai Giochi di Tokyo 2020. Il suo sfogo è quindi comprensibile. Eppoi, se dovessi riportare quel che ho sentito negli spogliatoi in tanti anni…».
L’ex ct azzurro scommette che la fuoriclasse sarà ancora l’asso della Nazionale: «Le prossime convocazioni saranno ad aprile, lei ha già in parte ritrattato sull’abbandono e c’è tempo per ricaricarsi. Chiediamoci invece perché quel dialogo intimo tra giocatrice e procuratore sia finito sui social». Insomma, Paola tornerà.
Intanto non accenna a contenersi quel vomito di intolleranza che arriva (non solo) dalla Rete per i nati in Italia da immigrati, come la pallavolista veneta. È toccato di recente alla velocista azzurra Zaynab Dosso, originaria della Costa d’Avorio, insultata per strada a Roma. «La nostra generazione ha perso questa battaglia culturale. Il problema siamo noi 50enni-60enni. Il colore della pelle e l’orientamento sessuale sono questioni che non esistono per i ragazzi che vanno alle elementari, alle medie e che sono già ben oltre il concetto di integrazione» osserva Berruto.
Dal presidente del Consiglio Mario Draghi a quello del Coni Giovanni Malagò, il sostegno all’atleta azzurra è stato unanime. Lo sfogo della Egonu contro gli insulti razzisti è finito nelle maglie della politica, con chi da destra ha gridato al complotto ideologico in chiave anti-governo Meloni e chi da sinistra ha pensato bene di sfruttare il ‘simbolo’, senza curarsi di porre le necessarie domande e interrogarsi sulle conseguenze per la ragazza e l’atleta. Un’ennesima occasione persa di affrontare il problema razzismo schierati tutti dalla stessa parte.
di Nicola Sellitti
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