Paralimpiadi, la più bella conclusione di un’estate da sogno
La straordinaria chiusura delle Paraolimpiadi. L’Italia conquista 69 medaglie battendo il precedente record di Seul dell’88.
Paralimpiadi, la più bella conclusione di un’estate da sogno
La straordinaria chiusura delle Paraolimpiadi. L’Italia conquista 69 medaglie battendo il precedente record di Seul dell’88.
Paralimpiadi, la più bella conclusione di un’estate da sogno
La straordinaria chiusura delle Paraolimpiadi. L’Italia conquista 69 medaglie battendo il precedente record di Seul dell’88.
La straordinaria chiusura delle Paraolimpiadi. L’Italia conquista 69 medaglie battendo il precedente record di Seul dell’88.
Si sono concluse domenica le Paralimpiadi di Tokyo 2020 per quella che è stata un’edizione destinata a rimanere negli annali sportivi del nostro Paese. I 115 atleti della delegazione italiana, mai così numerosa, hanno conquistato un totale di 69 medaglie battendo il precedente record di Seul ’88. Risultato ancora più incredibile se si pensa che oltre la metà degli atleti in gara era alla sua prima esperienza olimpica. Per un successo sportivo innegabile, ce n’è senza dubbio anche uno mediatico: non era mai capitato che un’edizione delle Paralimpiadi fosse così seguita sia dalla stampa che dall’opinione pubblica. E se parte del merito può essere attribuito alla scia di entusiasmo accesa prima della vittoria degli Europei e dopo dalla cavalcata olimpica, è altrettanto chiaro che un risultato sportivo di tale portata ha generato da sé il suo particolare e meritato successo. Il vero successo è aver avvicinato nell’immaginario di tutti – in importanza e dignità, forse per la prima volta concretamente – atleti olimpici e paralimpici.
«Quello che abbiamo fatto a Tokyo – ha dichiarato Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico – mi auguro aiuti a tenere alti i riflettori sui percorsi di politica sportiva e sociale necessari per fare in modo che tra tot anni la nostra delegazione non sarà di 113 atleti, ma magari di 300 o 350». Una speranza a cui deve seguire un impegno concreto delle istituzioni per far fronte all’indubbia carenza di strutture adeguate in cui far allenare gli atleti paralimpici. Dietro molti di loro ci sono storie di vita che possono essere d’ispirazione per tutti.
Di esempi ce ne sono tanti: dalla straordinaria vittoria di Bebe Vio – per la seconda volta oro paraolimpico nel fioretto femminile, arrivata neppure quattro mesi dopo un’infezione che l’ha portata vicina alla morte – all’immagine da sogno del podio tutto tricolore nei 100 metri. Intenso e commovente il bronzo dedicato proprio a quell’Afghanistan in cui una delle atlete, Monica Contrafatto, ha perso la gamba durante una missione di pace. Così, non si può che rivolgere un pensiero carico di comprensione e solidarietà a Zakia Khodadadi, prima atleta afghana a partecipare alle Paralimpiadi, riuscita a fuggire da Kabul poco prima del disastro. Vederla gareggiare velata e ultra coperta, costretta a una condizione di oggettiva difficoltà rispetto alle avversarie, ci ricorda perché abbia scelto di inseguire la libertà del nostro mondo, molto prima del sogno paralimpico.
di Federico Arduini
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