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Se il Brasile non danza più

Se il Brasile non danza più

Un Mondiale senza il Brasile, la Nazionale detentrice del record di vittorie, non è affatto uno scherzo ma una reale possibilità
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Un Mondiale senza il Brasile, la Nazionale detentrice del record di vittorie, non è affatto uno scherzo ma una reale possibilità
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Un Mondiale senza il Brasile, la Nazionale detentrice del record di vittorie, non è affatto uno scherzo ma una reale possibilità
Un Mondiale senza il Brasile che Mondiale è? Eppure il Brasile rischia seriamente di rimanere fuori dai Mondiali di calcio del 2026 che si terranno in tre nazioni: Canada, Messico e Stati Uniti. Sarebbe clamoroso perché il Brasile, oltre a detenere il record di vittorie – cinque – è l’unica Nazionale che ha sempre partecipato al torneo più prestigioso. Ecco perché dire “mondiale” nel calcio equivale a dire Brasile. Ma l’altra sera al Maracanà di Rio de Janeiro – lo stadio più famoso del mondo, lo stadio per eccellenza – è andato in scena un nuovo e drammatico “maracanazo” con l’Argentina di Messi (campione del mondo in carica) che ha battuto i verdeoro che non sanno più danzare. Riuscirà l’arrivo di Carlo Ancelotti, previsto per la fine della prossima primavera, a ridare al Brasile il posto che gli spetta nel mondo? Forse il grande calcio brasiliano è già scomparso e non ce ne siamo resi conto. La morte di Pelé (29 dicembre 2022) ce lo avrebbe dovuto far capire. Invece, dispiaciuti, addolorati e intontiti per la fine del più grande giocatore di tutti i tempi, non abbiamo colto il senso del tramonto del calcio brasiliano annunciato in quella morte. Una volta Mario Sconcerti ha scritto che il calcio danzato del Brasile si sarebbe dovuto piegare al razionalismo e all’atletica del football delle squadre europee. Non accorgendosi però che nel passaggio dalla danza all’atletica si sarebbe perduta la fonte stessa di questa disciplina: il tocco, la carezza, l’eleganza, la gioia (non priva di un velo di malinconia). Ora Carletto Ancelotti si troverà davanti al bivio: danza o atletica? Per fare la prima scelta dovrebbe avere giocatori come Pelé, Carlos Alberto, Jairzinho, Tostão, Gerson, Rivelino, Garrincha. Ma se ci fossero giocatori di tale qualità non ci sarebbe bisogno di Ancelotti. Dunque cosa farà l’allenatore che ha vinto un po’ ovunque nel mondo – l’unico ad averlo fatto nei cinque principali campionati europei – appare scontato: schema, possesso e correre, correre, correre. Sempre che l’attuale allenatore del Real Madrid diventerà per davvero il commissario tecnico del Brasile. Non tutti sono persuasi infatti che la scelta dell’italiano sia giusta. Romario ad esempio – uno dei migliori calciatori della storia del Paese – vuole la riconferma dell’attuale commissario tecnico Fernando Diniz, che da traghettatore diventerebbe il rifondatore del Brasile. Perché non c’è dubbio che di questo si tratta: rifondare una squadra che al momento – fatta eccezione per Neymar – non ha grandi nomi da indicare al mondo, pur considerando Dani Alves, Alex Sandro e Thiago Silva. Il problema è proprio questo: com’è che in Brasile non nascono più grandi giocatori di calcio? «Altro che formule precise, il fòlber è mistero inspiegabile» diceva Gianni Brera. E se lo diceva il gran “Gioann” c’è da credergli. La verità è che un tempo si giocava nei cortili, sui campetti sterrati di periferia e il talento si mischiava alla pedata e alla fatica e intanto cresceva. Oggi è tutto istituzionalizzato e i bambini, i ragazzini sono tutti dei piccoli Cristiano Ronaldo che, con il rispetto che si deve a un grandissimo campione, è più vicino a un centometrista che a un interprete del “fùtbol bailado” nato al di là dell’Atlantico. La fantasia, l’intuizione, l’apertura son cose che non si insegnano e non si programmano: son cose che si hanno dentro e che vengono fuori quando, giocando con una palla, s’impara a conoscere sé stessi. Perché il calcio era e rimane un modo di stare al mondo, un modo di interpretarlo sapendo che il giocatore è una sorta di Eros platonico, un impasto di controllo e abbandono della palla al cospetto del Gioco. Fino a qualche tempo fa il Brasile rappresentava ancora questa erotica calcistica e con la danza – un po’ come Cassius Clay con la boxe danzata – era per davvero l’incarnazione del calcio più bello del mondo. Il segreto, allora, è nella danza. La rifondazione del Brasile passa per la danza. Non ce ne voglia il bravissimo Ancelotti. di Giancristiano Desiderio

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