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Se lo sfogo di Pioli diventa una lezione di economia

“Dobbiamo lamentarci di meno e giocare di più”, lo sfogo dell’allenatore del Milan Stefano Pioli, dopo Juventus-Milan, è un ottimo spunto per riflettere su alcuni aspetti che vanno ben oltre il mondo del pallone.
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Se lo sfogo di Pioli diventa una lezione di economia

“Dobbiamo lamentarci di meno e giocare di più”, lo sfogo dell’allenatore del Milan Stefano Pioli, dopo Juventus-Milan, è un ottimo spunto per riflettere su alcuni aspetti che vanno ben oltre il mondo del pallone.
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Se lo sfogo di Pioli diventa una lezione di economia

“Dobbiamo lamentarci di meno e giocare di più”, lo sfogo dell’allenatore del Milan Stefano Pioli, dopo Juventus-Milan, è un ottimo spunto per riflettere su alcuni aspetti che vanno ben oltre il mondo del pallone.
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“Dobbiamo lamentarci di meno e giocare di più”, lo sfogo dell’allenatore del Milan Stefano Pioli, dopo Juventus-Milan, è un ottimo spunto per riflettere su alcuni aspetti che vanno ben oltre il mondo del pallone.
Dopo il buon pareggio (1-1) a Torino, Stefano Pioli, tecnico del Milan, ha acceso i riflettori su una tema molto attuale: i minuti effettivi di gioco. Nel post partita, Pioli ha dichiarato: “Oggi abbiamo giocato un tempo effettivo di soli 48′. Si parla, si fischia e ci si ferma troppo. Questo non aiuta l’intensità né lo spettacolo, così in Europa facciamo fatica“. Il primo passo per migliorare è individuare le responsabilità, e l’ex allenatore dell’Inter non si tira indietro: “La colpa è anche nostra, degli allenatori, ma anche dei giocatori, di tutti quelli che protestano. Ma anche degli arbitri che dovrebbero tirare fuori più cartellini. Bisogna parlare di meno, 48′ di gioco son troppo pochi. Se vogliamo rapportarci ad altri campionati, bisogna cambiare, lì ci sono altri atteggiamenti, c’è un’altra cultura”.

Ma è davvero così?

I dati di InStat, partner del CIES (Centre International d’Etude du Sport), sembrano smentire Pioli. Prendiamo come riferimento il rapporto dell’Osservatorio calcistico CIES n ° 64 – aprile 2021 che analizza diversi indicatori di fluidità nelle partite giocate dal 1° luglio 2019 in un totale di 37 competizioni europee tra cui i 5 massimi campionati europei, la Champions League e l’Europa League. Focus dello studio è, chiaramente, il tempo di gioco effettivo, cioè il tempo durante il quale la palla è concretamente in gioco. In media, il tempo di gioco effettivo registrato nelle 37 competizioni è stato del 61,3%. La Serie A è all’8° posto di questa speciale classifica con il 63,2% di gioco effettivo rispetto al 64,7% della Champions League e al 62,5% dell’Europa League (62,5%).  Tra i 5 campionati europei più importanti solo la Bundesliga ha un dato migliore di quello italiano, con il 63.9% di gioco effettivo. Mentre La Ligue 1, la Premier League e La Liga sono indietro, rispettivamente con il 62.4%, il 62% e il 59.3% di tempo in cui la palla è in gioco. Ma questi dati non vanno letti in maniera assoluta, bensì considerando la ragione per cui la palla non è in gioco: un conto è perdere tempo perché la palla va fuori, un altro perché le proteste sono troppe. In questo senso è interessante notare che in Premier League il 21,2% del tempo è perso perché la palla è fuori dal campo e solo il 12,5% a seguito di interventi irregolari. Nel massimo campionato italiano il rapporto si inverte: si perde più tempo dopo i falli (15,4%) che per gli stop “fisiologici” del gioco (17,6%). In generale, dunque, lo sfogo di Pioli è a sua volta una lamentela un po’ esagerata che però ha un suo fondamento. Ma soprattutto è una lamentela di un uomo di campo utile al di fuori del campo.

Ridurre il disfattismo per aumentare la ricchezza

Se è vero che il calcio è metafora della vita e che gli italiani si definiscono un popolo di lamentosi, c’è del lavoro da fare. Troppo spesso infatti, piuttosto che fare il possibile con ciò che abbiamo, preferiamo lamentarci di ciò che non abbiamo. “Bisogna fare di necessità virtù”, figuriamoci allora cosa dovrebbe fare chi le virtù ce le ha già! E il “Bel Paese” di virtù ne ha tante: dai paesaggi, all’industria del Made in Italy, passando per il cibo e tante altre eccellenze. Spesso però tutta questa ricchezza diventa scontata, i problemi diventano muri insormontabili, le lamentele la prima (non) soluzione ai problemi. E nel frattempo l’economia corre e rotola come il pallone sul rettangolo verde. A proposito di economia, il potere dei club italiani è inferiore rispetto a quelli tedeschi e inglesi che non a caso dominano in Europa. Se però non si può competere nel calciomercato, si può sempre ottimizzare il gioco, ridurre le perdite di tempo e aumentare i ritmi. I dati sulla percentuale di gioco effettivo dicono che siamo ancora dietro rispetto alla Champions League. E una nazione con così tante risorse non può accontentarsi dell’Europa League.

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