Sentenza Maccarani, la sola colpa è “eccesso di affetto”
| Sport
La procura federale della FIGC assolve Emanuela Maccarani, ex dt della nazionale di ginnastica ritmica, con un’ammonizione. “Sola colpa? Eccesso di affetto”

Sentenza Maccarani, la sola colpa è “eccesso di affetto”
La procura federale della FIGC assolve Emanuela Maccarani, ex dt della nazionale di ginnastica ritmica, con un’ammonizione. “Sola colpa? Eccesso di affetto”
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Sentenza Maccarani, la sola colpa è “eccesso di affetto”
La procura federale della FIGC assolve Emanuela Maccarani, ex dt della nazionale di ginnastica ritmica, con un’ammonizione. “Sola colpa? Eccesso di affetto”
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AUTORE: Raffaela Mercurio
Una vicenda durata mesi e che attendeva soltanto una risposta definitiva, arrivata oggi con la sentenza svoltasi a Roma sul caso ginnastica ritmica e degli abusi denunciati da alcune ex ginnaste: l’ex dt della nazionale Emanuela Maccarani è stata soltanto ammonita dalla procura federale della FIGC. Assolta invece Olga Tishina, sua collaboratrice. Una sorpresa per certi versi, soprattutto leggendo le motivazioni che ribaltano (o tentano di farlo) la situazione.
Nessuna vessazione, nessun abuso, nessun comportamento dell’allenatrice dei record che potesse in qualche modo spingere le atlete verso disturbi alimentari o peggio (come raccontato da Anna Basta – una delle ginnaste che ha aperto il caso- anche su La Ragione) a pensieri quantomeno intrusivi.
La decisione stride con quanto emerso in questi mesi, con dichiarazioni a valanga di ex atleti, non solo di ritmica, sul mondo malato dello sport dietro i riflettori. Il procuratore federale, Michele Rossetti, ha espresso in aula che l’unica colpa imputabile alla Maccarani può essere forse quella di “eccesso di affetto nei confronti della Basta, cercando di recuperarla, rendendola performante con l’obiettivo di portarla alle Olimpiadi, determinando invece un disagio che non mettiamo in dubbio”.
La Maccarani, presente in aula, ne esce ancora una volta vincente, forse addirittura martire, colpevole solo di non essere riuscita a trovare un punto d’incontro tra professione e cuore con quelle ragazze accudite h24, cresciute a pane e clavette, quasi delle figlie. Resta sconfitto ad ogni modo uno sport intero che tanto ha lottato per far sentire la propria voce. Macchiato nell’ultimo anno da accuse e segreti, con una squadra che non si sente più rappresentata dalla leggerezza della farfalla, che fa fatica in pedana, concede pochi sorrisi, quasi tutti amari.
La speranza è quella di una ripartenza, auspicata e doverosa, di tutto il mondo della ritmica. Per ritornare alle origini: sport come metafora della vita. Ma con più gioie e meno dolori.
di Raffaela Mercurio
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