Sinner e l’azzurro che si fa Storia
La vittoria di Sinner ci riporta al dolce entusiasmo di vedere sul tabellone del leggendario campo centrale lo scudetto tricolore e la parola
Sinner e l’azzurro che si fa Storia
La vittoria di Sinner ci riporta al dolce entusiasmo di vedere sul tabellone del leggendario campo centrale lo scudetto tricolore e la parola
Sinner e l’azzurro che si fa Storia
La vittoria di Sinner ci riporta al dolce entusiasmo di vedere sul tabellone del leggendario campo centrale lo scudetto tricolore e la parola
Negli anni Sessanta giocavamo a tennis tutti i giorni all’oratorio. Racchette di legno, ovviamente, campo in cemento con buchi come voragini che se la pallina, unica e completamente consunta, vi cadeva dentro, rimbalzava oltre il muro di cinta. C’era la spuma rossa per dissetarsi e un tv in bianco e nero che trasmetteva i grandi tornei: tennisti come Newcombe, Laver, e tanti altri. Non era ancora l’era di Borg e McEnroe per intenderci. Si interrompeva la nostra partita, rigorosamente a rotazione per far giocare tutti, e si correva a vedere i campioni. Io tifavo per Newcombe ed ero molto orgoglioso di possedere una Maxima, come lui, o per lo meno somigliante data l’usura. Wimbledon era il top, allora come oggi, c’era la Regina Elisabetta col principe Filippo a premiare i vincitori e noi discutevamo a lungo su questo o quel campione perché il tifo, si sa, è sempre e comunque fazioso, di parte, poco obiettivo. Molto è cambiato da allora. Però ieri pomeriggio certe atmosfere di un tempo mi sono tornate alla memoria. L’entusiasmo genuino di assistere ad un evento, seppur solo sportivo, per carità, che entra nella storia, anzi, la Storia, di questo nostro Paese.
Confesso che mi è però mancato il commento dei due maestri, Rino Tommasi e Gianni Clerici. Non erano solo super esperti e competenti, ma anche due letterati. Sì, le gioiose prese in giro di Clerici e il rigore di Tommasi entrano a far parte, a pieno diritto, dell’epica letteraria. Pensate oggi, che commento avrebbe scritto Gianni Brera, quale sintassi da antologia, come avrebbe saputo descrivere il pathos dell’ultimo gioco, quando Jannik Sinner infila magistralmente la palla decisiva, letale pur per un campione di assoluto valore come Carlitos Alcaraz.
Però, a Londra, nel tempio di questo sport, tra leggiadri cappellini distribuiti a signore e signori, champagne e blazer nonostante un’insolita calura sconosciuta ai londinesi, vincere qui, insomma, ti dà una gioia ancor più grande. E come non ricordare certi eventi sportivi che hanno segnato epoche ahinoi un po’ lontane: il gol di Fabio Capello a Wembley contro l’Inghilterra, il 14 novembre 1973, partita amichevole che però ci consentì di battere per la prima volta in assoluto, in casa loro, nel loro tempio, i Leoni d’Inghilterra. Un momento simbolico della crescita del calcio italiano a livello internazionale. E ancora, a Wembley, la finale degli Europei, Inghilterra contro Italia, l’11 luglio 2021, 1 a 1 e poi 3 a 2 ai decisivi rigori con Donnarumma che parò i rigori di Sancho e Saka. L’abbraccio in lacrime di Gianluca Vialli, già malato, con l’amico Roberto Mancini, le strade delle città invase dai tifosi.
Ecco, la vittoria di Sinner ci riporta a tutti questi fatti, segni di epoche diverse, ma con lo stesso dolce entusiasmo di vedere sul tabellone del leggendario campo centrale, il Central Court, accanto al nome del vincitore quel piccolo, ma grande per tutti noi, scudetto tricolore e la parola ITA. Qualcuno si ostina a definire Sinner, l’altoatesino. Perché non diciamo allora che il nuovo ct della Nazionale è il calabrese? Frequento da anni Sesto, San Candido, la Val Pusteria, terra di origine della famiglia Sinner. Hanno l’accento tedesco? Certo. Come io, che dopo trent’anni a Roma, quando entro in un negozio, mi dicono: “Ma lei non è romano, vero? Ha l’accento del Nord, Milano? “Sì. Ma, soprattutto, sono italiano!”
di Andrea Pamparana
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