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Jannik Sinner Atp Miami

Sinner e l’incubo Alcaraz

L’azzurro Jannik Sinner vola alla semifinale degli Atp di Miami. Per piazzarsi tra i migliori resta da battere Alcaraz

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Sinner e l’incubo Alcaraz

L’azzurro Jannik Sinner vola alla semifinale degli Atp di Miami. Per piazzarsi tra i migliori resta da battere Alcaraz

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Sinner e l’incubo Alcaraz

L’azzurro Jannik Sinner vola alla semifinale degli Atp di Miami. Per piazzarsi tra i migliori resta da battere Alcaraz

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L’azzurro Jannik Sinner vola alla semifinale degli Atp di Miami. Per piazzarsi tra i migliori resta da battere Alcaraz

È una valanga, Sinner. A Miami, come a Indian Wells, il tennista azzurro travolge gli avversari. In Florida finora non ha lasciato un solo set, entra in semifinale (la seconda in tre anni a Miami) e si assicura un posto tra i primi dieci al mondo. Scusate se è poco, soprattutto per le abitudini italiane degli ultimi 40 anni. 

Le statistiche rivelano che l’altoatesino è il settimo under 22 a raggiungere le semifinali a Indian Wells e Miami nella stessa stagione: prima di lui un parterre speciale, un concentrato di campioni: da Agassi a Courier, poi Djokovic, Murray, Nadal e Carlos Alcaraz, lo scorso anno. Appunto, ecco Alcaraz.   Il nodo è quello e va sciolto, il prima possibile. Anche lo spagnolo – che deve affrontare l’americano Fritz ai quarti di finale, con partita posticipata per pioggia – dovrebbe arrivare tra i primi quattro a Miami. Lo attende proprio Sinner, battuto in semifinale a Indian Wells, per poi vincere il torneo.  È inevitabile – così come pericoloso – che Jannik guardi sempre ad Alcaraz per scalare di marcia e compiere forse l’ultimo salto che manca per piazzarsi tra i migliori. Lo ripete spesso e ci sono aspetti positivi: la motivazione a migliorarsi, a competere alla pari con il 20enne spagnolo, è la benzina emotiva che serve a Sinner per completare il suo percorso di crescita, a quasi 22 anni, l’età in cui c’è di solito il balzo da promessa a campione. Il confine però è sottile, soprattutto sul fronte delle aspettative. Jannik sta crescendo, anche velocemente nelle ultime settimane, con un lavoro certosino sugli aspetti del gioco da migliorare, come la prima di servizio, la resistenza fisica, la gestione dei momenti topici delle partite. Ci sta arrivando, ci arriverà senza dubbio. Il suo destino – e per l’Italia è davvero grasso che cola – è quello di un top ten per anni e anni, formidabile sul cemento, adattabile anche all’erba e con margini di miglioramento sulla terra rossa. Sarà un campione capace di vincere prove del Grand Slam, soprattutto tra Australia e Stati Uniti, sul cemento all’aperto, dove sarà davvero complicato superarlo. Può vincere quest’anno, l’anno prossimo, ha tempo per farlo. Il problema di Sinner, se è un reale problema: Alcaraz è invece nato campione. È lui il predestinato. È già pronto da oltre un anno. Ha già vinto un paio di Master 1000, ha già fatto centro in una prova del Grand Slam, allo Us Open di qualche mese fa. Lo spagnolo è una specie di caterpillar, formato fisicamente a 20 anni, con una completezza tecnica che mancava al 20enne Nadal.  È assai probabile che sarà la sua generazione. In questo senso, Jannik è stato sfortunato, ma le stagioni sono lunghe, le opportunità tante e Sinner ha già battuto in passato Alcaraz: agli ottavi di Wimbledon 2022 ha dato spettacolo contro l’iberico, nei confronti diretti è dietro 3-2 e anche a Indian Wells ha giocato oltre un’ora alla pari, per poi cedere alla prepotenza dello spagnolo. “Se sto bene, me la gioco con tutti”, ha spiegato Sinner dopo il successo ai quarti sul finlandese Ruusuvuori ed è vero, può giocarsela con tutti (se Djokovic, assente nel tour americano, lo consente): anche con il russo Medvedev, con il danese Rune, stessa età di Alcaraz e vincitore del Master 1000 di Parigi-Bercy 2022. Può giocarsela anche con Carlos il fenomeno. Tra i due non è più la partita del futuro, bensì del presente. Ma batterlo non diventi un incubo, un’ossessione. Altrimenti le sconfitte faranno più male.  Di Nicola Sellitti

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