Sinner, nessuno come lui!
L’azzurro batte il tedesco Zverev 6-3, 7-6, 6-3 nella finale degli Australian Open, è il terzo titolo nelle prove del Grand Slam
Sinner, nessuno come lui!
L’azzurro batte il tedesco Zverev 6-3, 7-6, 6-3 nella finale degli Australian Open, è il terzo titolo nelle prove del Grand Slam
Sinner, nessuno come lui!
L’azzurro batte il tedesco Zverev 6-3, 7-6, 6-3 nella finale degli Australian Open, è il terzo titolo nelle prove del Grand Slam
L’azzurro batte il tedesco Zverev 6-3, 7-6, 6-3 nella finale degli Australian Open, è il terzo titolo nelle prove del Grand Slam
Re Jannik III. O Sinner The Winner, scegliete pure. Mentre lo fate, il numero uno al mondo festeggia il terzo titolo nelle prove del Grand Slam, centrando anche il bis in Australia, dove aveva trionfato lo scorso anno. La consacrazione, se davvero serviva, della tirannia di Sinner, che ha vinto 30 delle ultime 31 partite giocate. L’ultima sconfitta risale a ottobre, a Pechino contro una versione extralusso di Carlos Alcaraz, l’unico che davvero può pensare di batterlo al momento. Ma lo spagnolo spesso perde il filo. Jannik mai. Dunque, non c’è gloria per Zverev, travolto in tre set e che deve rimandare l’appuntamento con un titolo degli Slam. E non è detto che avvenga, perché la pessima notizia per gli avversari è che Sinner è più forte in versione tre set su cinque che due set su tre. Gioca le finali e le vince. Sotto pressione, alza il livello. Gli viene naturale. E ancora deve vincere a Parigi e a Wimbledon. Accadrà, più prima che poi.
Sulla partita: per un’ora, Sinner è perfetto. Timing felice sulla palla, le gambe che rispondono, scivola che è un piacere e con una visione chiara: giocare sul dritto di Zverev, erodendo le certezze del tedesco figlio di due russi, uno che ha grandi colpi ma che ogni tanto perde la traccia della partita. Dunque, break, primo set, ma gara che si complica perché Zverev sale di colpi, si gioca gli assi che ha in faretra e porta il numero uno al mondo al tie-break, con l’occasione anche di vincerlo prima, il set.
Poi si arriva all’esecuzione della legge del tie-break a firma Jannik: vinto il quarto su quattro all’Australian Open, ma sono anche 16 degli ultimi 18. Si è anche potuto permettere qualche imprecisione e c’è stato un nastro amico che ha indirizzato il suo percorso verso il secondo set. È l’incisione a fuoco sull’esito della partita, Zverev, come Shelton in semifinale, si trova semplicemente a corto di argomenti. Non sa come venirne fuori, solleva le mani ai fianchi, cerca di non deprimersi perché anche lui ha stoffa, una stoffa di prima scelta ma la mente di Sinner è marmorea, non si sposta di un millimetro il suo baricentro. E se Jannik è in salute e non si distrae, nessun bipede che tiene in mano una racchetta può uscirne indenne. Non si è distratto nel terzo set, anzi, quindi l’esito è quello che si poteva immaginare ma senza dimenticare le buche da cui è uscito Sinner nel torneo, dal problema fisico mostrato contro Rune agli ottavi e ha contribuito quella sosta di 30 minuti durante la partita con il danese per riprendersi dai conati di vomito e dalla fiacchezza fisica. Ora per un campione il bilancio del 2025, vincendo lo Slam australiano, sarebbe già in attivo. Non per Sinner, che a questo punto deve risolvere solo l’enigma Wada. Ma questa è un’altra storia.
Di Nicola Sellitti
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