Imparare dal tennis
Un minimo di analisi sul fenomenale tennis italiano degli ultimi anni è estremamente interessante ben oltre l’aspetto strettamente sportivo
Imparare dal tennis
Un minimo di analisi sul fenomenale tennis italiano degli ultimi anni è estremamente interessante ben oltre l’aspetto strettamente sportivo
Imparare dal tennis
Un minimo di analisi sul fenomenale tennis italiano degli ultimi anni è estremamente interessante ben oltre l’aspetto strettamente sportivo
Un minimo di analisi sul fenomenale tennis italiano degli ultimi anni è estremamente interessante ben oltre l’aspetto strettamente sportivo
Un minimo di analisi sul fenomenale tennis italiano degli ultimi anni – anche alla luce della trionfale settimana di Coppa Davis di Bologna con di fatto la “squadra B” – è estremamente interessante ben oltre l’aspetto strettamente sportivo.
Testimonia come, tanto per cominciare, un conto sono i fenomeni assoluti – quelli che nascono una volta ogni trenta o quarant’anni e sono da considerare in qualche misura puri doni della natura – un conto completamente diverso sono i buoni giocatori. Anche i buonissimi, frutto certo di un talento sopra la media, ma soprattutto di un lavoro, di una programmazione, di una scuola che fa la differenza. Tutta la differenza del mondo.
Entrando nel dettaglio, Jannik Sinner è il dono del cielo, unito a scelte particolarmente oculate degli allenatori, della scuola dei primi anni e dell’evoluzione da professionista. Poi, ci sono gli altri sei – dicasi sei – giocatori italiani nei primi 50 al mondo, cui aggiungiamo altri due fra la 51ª e la 100ª posizione della classifica Atp. Una cosa mostruosa: un giocatore su sette dei primi 50 è italiano e praticamente uno su 10 dei primi 100.
Questo è il frutto esclusivamente di programmazione e capacità di guardare a medio e lungo termine, sfruttando anche la lunghissima onda generata dal fenomeno assoluto dai capelli color carota.
E qui si va ben oltre il tennis e lo sport: questa è l’Italia che vorremmo vedere in mille altri settori e che troppe volte non scorgiamo.
Un’Italia che non si affida allo stellone, un Paese che fatica, suda, impara dai propri errori, cade, si rialza e riparte. Questo conta molto, ma molto di più dell’occasionale fuoriclasse.
In tanti ambiti ne abbiamo, grazie al cielo, perché siamo un grande Paese dalla grandissima tradizione. Non altrettanto spesso dietro il talento puro costruiamo sistemi vincenti. Per egoismo, superficialità, fretta, poca voglia di faticare. Godiamoci il tennis, ma proviamo a imparare qualcosa.
di Fulvio Giuliani
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