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La Serie A è un simbolo di ripartenza, che piaccia o meno

Manca sempre meno all’inizio della Serie A e le prospettive di questa stagione profumano, finalmente, di ripartenza.
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La Serie A è un simbolo di ripartenza, che piaccia o meno

Manca sempre meno all’inizio della Serie A e le prospettive di questa stagione profumano, finalmente, di ripartenza.
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La Serie A è un simbolo di ripartenza, che piaccia o meno

Manca sempre meno all’inizio della Serie A e le prospettive di questa stagione profumano, finalmente, di ripartenza.
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Manca sempre meno all’inizio della Serie A e le prospettive di questa stagione profumano, finalmente, di ripartenza.
Dopo le tante soddisfazioni estive, calcistiche e olimpiche, comincia la Serie A 2021/2022, che piaccia o meno, un altro simbolo di ripartenza. Perché per un popolo calciofilo come il nostro, il calcio è un tassello fondamentale per comporre la settimana perfetta. E poco importa se quell’appuntamento corrisponde sempre meno con la domenica, per rispondere alle logiche dei diritti TV. Le lamentele, la promessa di non seguire più il calcio, la rabbia, ma alla fine si torna sempre a seguire quelle 20 squadre che si danno battaglia nel massimo campionato di calcio italiano. Perché la verità è che quando ami davvero qualcosa (come qualcuno) te ne freghi dei cambiamenti, ti adatti e basta. Il calcio durante la settimana dà l’idea di ordinarietà, nell’accezione più rassicurante e romantica che questo termine possa avere “dopo” la straordinarietà della pandemia. La maggior parte degli italiani cresce giocando a pallone, sognando i propri idoli, aspettando le partite come un momento sacro per staccare dagli impegni e accendere la passione.

IL MITO DEL CALCIO CHE RENDE POVERI

Certo, come spesso capita, ciò che viene amato dai tanti, viene fortemente attaccato dagli altri: “sono solo 11 idioti che corrono dietro a un pallone”, “guadagnano tanti soldi mentre noi facciamo la fame”. Anche se, come direbbe il tanto discusso Salmo in “Il messia”, “i soldi che ho fatto non fanno la tua povertà“, anzi. Nel periodo 2001-2020 per ogni euro investito dal governo italiano nel calcio professionistico, lo Stato ha ottenuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a 15,2 euro! Secondo diverse e autorevoli indagini, la sola vittoria degli Europei di calcio da parte della Nazionale azzurra genererà un +0,7% del PIL e +10% dell’export. L’interesse reale genera economia reale, il resto sono chiacchiere da bar, scuse per dare la colpa agli altri senza alcun fondamento logico.

LA RIPARTENZA TARGATA GREEN PASS

Per molti, il ritorno del calcio giocato è una boccata d’ossigeno, il miele che addolcisce la fine dell’estate, l’inseparabile compagno di viaggio durante i tanti mesi di lavoro. È vero, il calcio è tornato senza interruzioni già l’anno scorso ma senza una piano solido per riportare la gente negli stadi. Quest’anno invece, grazie alla campagna vaccinale, in zona bianca gli stadi potranno accogliere tifosi fino al 50% della capienza, purché dotati di green pass e disposti a scacchiera, indossando la mascherina. Nel caso di passaggio in zona gialla sarà imposto un limite massimo di 2500 persone sugli spalti. Sentire ogni parola detta in campo grazie al silenzio sugli spalti è stato divertente, ma può anche bastare così. Il calore dei tifosi è la vera musica per chi pratica e ama questo sport, nonché per le sofferenti casse dei club. Come ha sostenuto anche il presidente della FIGC Gabriele Gravina “si tratta di un concreto segnale di ripartenza per il mondo del calcio”, per la Serie A e anche per l’Italia. Che piaccia o meno.

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