40 anni fa veniva registrato il primo dominio Internet
Nel 1985 Internet era ben lontano dalla realtà che conosciamo oggi. Considerato come mezzo di comunicazione esclusivo, utilizzato principalmente da accademici e militari, rappresentava un territorio inesplorato, nel quale il concetto di ‘dominio’ era ancora nebuloso
40 anni fa veniva registrato il primo dominio Internet
Nel 1985 Internet era ben lontano dalla realtà che conosciamo oggi. Considerato come mezzo di comunicazione esclusivo, utilizzato principalmente da accademici e militari, rappresentava un territorio inesplorato, nel quale il concetto di ‘dominio’ era ancora nebuloso
40 anni fa veniva registrato il primo dominio Internet
Nel 1985 Internet era ben lontano dalla realtà che conosciamo oggi. Considerato come mezzo di comunicazione esclusivo, utilizzato principalmente da accademici e militari, rappresentava un territorio inesplorato, nel quale il concetto di ‘dominio’ era ancora nebuloso
Nel 1985 Internet era ben lontano dalla realtà che conosciamo oggi. Considerato come mezzo di comunicazione esclusivo, utilizzato principalmente da accademici e militari, rappresentava un territorio inesplorato, nel quale il concetto di ‘dominio’ era ancora nebuloso
Nel 1985 Internet era ben lontano dalla realtà che conosciamo oggi. Considerato come mezzo di comunicazione esclusivo, utilizzato principalmente da accademici e militari, rappresentava un territorio inesplorato, nel quale il concetto di ‘dominio’ era ancora nebuloso. Eppure, il 15 marzo di quarant’anni fa, qualcuno compì un gesto di straordinaria lungimiranza.
Al centro di questa storia c’è una società con sede a Cambridge, nel Massachusetts: Symbolics. Nata nel prestigioso laboratorio di intelligenza artificiale del Mit, all’epoca era all’avanguardia nello sviluppo di hardware e software. Aveva persino collaborato alla realizzazione di effetti speciali per film di fantascienza come “Star Trek III”. Ma in quel 1985 il grande business dell’azienda era rappresentato da Lisp. Considerata la prima workstation di sempre, uno strumento innovativo fresco di lancio sul mercato. In questo scenario i vertici dell’azienda ebbero l’idea di registrare quello che sarebbe divenuto il primo dominio web della storia: www.symbolics.com. Un seme piantato in un terreno fertile, il cui impatto non era stato adeguatamente valutato. Basti pensare che colossi come Ibm e Sun avrebbero fatto lo stesso soltanto un anno dopo Symbolics, seguiti a ruota da Intel e Amd. Apple arrivò sul web addirittura nel 1987, mentre Microsoft attese fino al 1991.
Negli anni Novanta quello dei domini si tramutò in un business a sé stante. Alcune società registravano furbescamente ‘nomi’ per il web riconducibili a soggetti o temi particolarmente popolari, con lo scopo di rivenderli a peso d’oro ai diretti interessati. Per esempio sex.com, acquistato da Network Solutions nel 1994, fu rivenduto a 14 milioni di dollari nel 2006, prima di finire all’asta nel 2010 con offerte che partivano da 1 milione di dollari in su. Per un po’ il gioco funzionò. Poi le crescenti restrizioni imposte dall’Anticybersquatting Consumer Protection Act (la normativa contro la pratica di impossessarsi abusivamente di nomi propri di persona o loghi famosi) iniziarono a dare i loro frutti, tutelando maggiormente aziende e personaggi finiti nelle morse di questo mercato alternativo. Col risultato che molte delle realtà che avevano lucrato sul fenomeno si ritrovarono con un pugno di mosche in mano.
Qualcun altro invece beneficiò di questa tendenza in modo assolutamente involontario. Come nel caso di Tuvalu, minuscolo arcipelago polinesiano che, in corrispondenza dell’esplosione di Internet nei primi anni Duemila, ricevette una vera e propria manna dal cielo. Il dominio nazionale di Rete assegnatogli (cioè le due lettere subito dopo il punto, negli indirizzi Internet) corrispondeva alle prime due consonanti del suo nome: “.tv”. Un suffisso decisamente molto appetibile per tutti i siti che, direttamente o indirettamente, si sarebbero occupati di televisione. La prima società ad approfittarne fu l’americana Verisign, che dal 2006 in poi versò 4 milioni di dollari di royalties annue al micro-Stato oceanico per l’utilizzazione del suo dominio.
Nel frattempo chi aveva scritto le prime parole di questa vicenda, ovvero Symbolics, ha smesso di esistere. Travolta dall’ascesa del Pc domestico e incapace di elaborare nuove strategie, fu costretta a un notevole ridimensionamento. Il suo indirizzo Internet però esiste ancora: oggi è di proprietà di Aron Meystedt, un imprenditore attivo nel campo dell’intelligenza artificiale che mantiene in vita il sito semplicemente come memoriale del primo dominio mai registrato. All’epoca Meystedt aveva appena cinque anni, mai avrebbe immaginato di divenire il custode della memoria di un’epoca che ha segnato la storia. E della quale, altrimenti, si sarebbe smarrito il ricordo.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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