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Il mondo del “dynamic pricing”

In qualità di consumatori siamo già abituati a fare i conti con le oscillazioni di prezzo determinate dalla pratica del dynamic pricing

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Il mondo del “dynamic pricing”

In qualità di consumatori siamo già abituati a fare i conti con le oscillazioni di prezzo determinate dalla pratica del dynamic pricing

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Il mondo del “dynamic pricing”

In qualità di consumatori siamo già abituati a fare i conti con le oscillazioni di prezzo determinate dalla pratica del dynamic pricing

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In qualità di consumatori siamo già abituati a fare i conti con le oscillazioni di prezzo determinate dalla pratica del dynamic pricing

In qualità di consumatori siamo già abituati a fare i conti con le oscillazioni di prezzo determinate dalla pratica del dynamic pricing, la variazione della tariffa di un servizio in tempo reale, sulla base di alcuni fattori (come la domanda). Ma la diamo quasi per scontata soltanto in alcuni settori, trasporto aereo e ferroviario in primis. È il caso invece che ci prepariamo a galleggiare sull’onda delle oscillazioni anche in altri settori, come quello alimentare.

Negli Stati Uniti ha destato clamore il recente annuncio della catena di fast food Wendy sull’imminente introduzione di ‘menu digitali’, un eufemismo per rendere più digeribile al palato dei clienti – oltre che i panini – anche i prezzi di cibi e bevande. Nonostante l’azienda sia poi tornata sui propri passi, il dynamic pricing resta troppo goloso per tutte le aziende, tanto che l’elenco di quelle che ne hanno già fatto routine si sta allargando a dismisura, soprattutto negli Stati Uniti. I supermercati B&R Store aggiornano i prezzi di 3mila articoli ogni settimana; la catena di ristoranti Rachel’s Kitchen ha iniziato a farlo in pandemia e non è più tornata indietro; il gestore Bowlero ha fatto parlare di sé sui media dopo aver fatto pagare 418,90 dollari il noleggio di una pista di bowling per due ore. In Europa (Italia compresa) il colosso delle sale cinematografiche Amc Entertainment Holdings applica il dynamic pricing da tempo, soprattutto per gli spettacoli di punta. Nel mercato europeo è concesso e l’unica limitazione è l’obbligo di non modificare il prezzo del prodotto o del servizio dopo che l’acquirente ha concluso l’acquisto, perché diventerebbe una pratica sleale.

Secondo gli addetti ai lavori servirebbe un aggiornamento del regolamento, forse troppo debole in tempi di prezzi fluidi. Il dynamic pricing scorre infatti invisibile sotto i nostri occhi: famosissime catene di fast food lo camuffano sotto forma di sconti speciali, offerti in esclusiva se si compra attraverso le loro app. A fare scuola, lo sappiamo, è stata Uber: in pochi sanno che la piattaforma di ride hailing è in grado di far schizzare alle stelle il prezzo di una corsa se lo smartphone da cui si prenota sta per scaricarsi. Nel terrore di non poter più chiamare un taxi, un consumatore sarebbe disposto a pagare parecchio. L’azienda ha sempre negato di attuare questa pratica, ma diverse inchieste – come quella del quotidiano belga “La Dernière Heure” – hanno dimostrato il contrario. Inoltre nel 2016 l’ex dirigente di Uber Keith Chen ammise in un’intervista a “Npr” che la società aveva scoperto che i clienti con bassi livelli di batteria erano più disponibili a pagare prezzi elevati.

A ogni modo la verità è che i parametri utilizzabili dalle aziende per modificare il prezzo in tempo reale, oltre alla domanda, sono molti: i prezzi applicati in quel momento dalla concorrenza, le condizioni meteo, l’ora del giorno in cui si acquista, probabilmente anche i dati del dispositivo con cui si interagisce (Uber insegna). È giusto evidenziare anche i vantaggi di cui i consumatori possono beneficiare grazie al dynamic pricing, come le tariffe scontate se si può pianificare per tempo l’acquisto e l’opportunità di evitare code nei luoghi fisici per ritirare il prodotto o usufruire del servizio.

Una maggiore trasparenza sulle dinamiche di formazione dei prezzi però non guasterebbe. Nel frattempo possiamo già iniziare a interrogarci su quanto saremmo disposti a pagare un hamburger prima che si annebbi la vista (anche del portafoglio) sotto i morsi della fame.

di Nicoletta Prandi

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