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Il futuro della mobilità

Auto elettriche, un percorso a ostacoli da superare con l’innovazione.
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In principio era il cavallo, che ha accompagnato la storia umana per millenni. Fino a tutto l’Ottocento il mezzo di trasporto prevalente era a trazione animale. Nelle città gli “autobus” e i “tram” trainati da cavalli avevano un problema: le deiezioni. Con la nuova era il cavallo fu sostituito dall’auto ma i problemi, seppure diversi, rimasero: la benzina, bruciando, produce gas dannosi per le persone e l’ambiente.

Il settore dei trasporti – auto, camion, aerei, treni – produce il 21% delle emissioni mondiali di CO2 (gas serra), percentuale che si riduce al 15% per le autovetture. Considerato che l’inquinamento è diventato uno dei principali fattori di rischio ambientale e sanitario, l’Unione europea ha deliberato un pacchetto di misure per tagliare del 55% le emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica nel 2050.

Il settore automobilistico è stato esaminato dal legislatore europeo che ha deliberato misure di contenimento delle emissioni. Il provvedimento ha suscitato un acceso dibattito sugli effetti economici e occupazionali indotti dal divieto di produrre auto a combustione interna, da sostituire con auto elettriche dal 2036. Questo non impedirà alle auto con motori termici di circolare anche dal 2036, perché il divieto riguarda la produzione di nuove autovetture. Da rilevare che alcune case automobilistiche stanno già considerando la riprogrammazione dei propri stabilimenti per destinarli alla manutenzione delle “vecchie” auto. Questi interventi allungano la vita alle auto tradizionali, rendendo problematico il raggiungimento dell’obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050.

L’Italia ha il maggior numero di auto per abitante in Europa, quasi 40 milioni di vetture: il 9% sono Euro 0 (quelle più inquinanti) mentre solo il 25% sono Euro 6, il che significa che la maggior parte delle automobili non soddisfa i migliori standard di emissioni; tra l’altro, solo lo 0,5% sono elettriche.

Non stanno meglio i Paesi europei orientali che hanno un parco automobilistico piuttosto vetusto. È presumibile che gli automobilisti tenderanno a mantenere la propria auto tradizionale, visti i costi di quelle elettriche, la durata delle batterie e i tempi lunghi delle ricariche. Difficile pensare, inoltre, che l’energia elettrica consumata nella Ue sia prodotta solo da fonti rinnovabili, per cui si renderà necessario un periodo di transizione utilizzando gas ed energia nucleare. Sull’utilizzo del primo sono noti i problemi geopolitici, per la seconda sono in fase di studio centrali di quarta generazione, mentre per quelle a fusione nucleare i tempi sono lunghi. Il rischio è che, per la ricarica, l’auto elettrica dipenda ancora da fonti fossili; inoltre, considerando l’intero ciclo produttivo, l’attuale auto elettrica raggiunge la neutralità carbonica soltanto dopo aver percorso 80mila km.

L’obiettivo da raggiungere è ambizioso. Occorrono fantasia e capacità innovativa: dalle batterie performanti alla componentistica semplificata. L’elettrico sarà il futuro della mobilità privata e collettiva così come lo è stato il passaggio dal cavallo all’auto e dalle diligenze ai treni. Con un’avvertenza: la Cina produce il 50% circa delle batterie e possiede il 37% delle riserve mondiali di terre rare. Non vorremmo passare dalla padella russa alla brace cinese.

Di Primo Mastrantoni

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