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Ktm rinasce dalle sue ceneri

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Ktm, le tre consonanti riassunte nell’iconico, aggressivo e squadrato brand stavano invece per Kronreif und Trunkenpolz Mattighofen, l’azienda austriaca fondata nel 1934

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Ktm rinasce dalle sue ceneri

Ktm, le tre consonanti riassunte nell’iconico, aggressivo e squadrato brand stavano invece per Kronreif und Trunkenpolz Mattighofen, l’azienda austriaca fondata nel 1934

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Ktm rinasce dalle sue ceneri

Ktm, le tre consonanti riassunte nell’iconico, aggressivo e squadrato brand stavano invece per Kronreif und Trunkenpolz Mattighofen, l’azienda austriaca fondata nel 1934

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Per molti boomer amanti delle moto fuoristrada è stata un mito. Stiamo parlando della Ktm. Una due ruote che nell’immaginario collettivo giovanile era certamente nordica (anche se molti la confondevano con la svedese Husqvarna, in origine una fabbrica d’armi con moschetto stilizzato nel marchio). Le tre consonanti riassunte nell’iconico, aggressivo e squadrato brand stavano invece per Kronreif und Trunkenpolz Mattighofen, l’azienda austriaca fondata nel 1934 dall’omonimo ingegnere. Molti aficionados tireranno quindi un sospiro di sollievo sapendo che la società, come un’araba fenice, sta risorgendo dalle sue ceneri. E continuerà quindi a cimentarsi nel motocross con nuovi modelli.

Nel senso che, sull’orlo del fallimento, è stata presa per i capelli. E salvata non solo come azienda e glorioso marchio ma anche sul versante dell’occupazione. A fine novembre 2024 aveva dichiarato lo stato di insolvenza e cessato la produzione, con 130mila moto invendute in magazzino. Ora potrà rimettersi in piedi (anzi tornare in sella) per tornare a produrre in tempi brevi.

Da notare che la Ktm aveva già rischiato il default 35 anni fa, quando occupava appena 180 persone producendo 6mila motociclette l’anno. Superata quella crisi, era cresciuta fino a diventare leader europeo nel settore con una produzione di 260mila moto e una delle maggiori al mondo. Fino al 2023 i conti erano risultati largamente in attivo, con utili nell’ultimo esercizio di oltre 100 milioni di euro. Poi la crisi improvvisa. Attribuita all’aumento dei costi di produzione e finanziari, nonché al crollo delle vendite Usa. Il mercato più importante (l’azienda era arrivata a esportare l’80% della produzione).

Adesso l’assemblea dei creditori (di cui un centinaio italiani) ha approvato il piano di risanamento in autogestione presentato a gennaio dalla società. Prevede un ridimensionamento della holding (oltre alla casa madre Ktm Ag, le due controllate Ktm Forschung und Entwicklung e Ktm Components), iniezioni di capitale fresco con nuovi investitori e un rimborso del 30% ai creditori. La procedura concorsuale prevista dal diritto commerciale austriaco stabilisce che il tutto debba avvenire nell’arco di due anni; Ktm sarebbe però in grado di rimborsare i creditori già per maggio di quest’anno.

Il debito di Ktm Ag e delle due controllate risulta per oltre la metà sulle spalle di 140 istituti finanziari, tra cui Unicredit. Proprio alcune di queste banche avrebbero opposto resistenza al piano: il recupero del 30% non sembrava loro sufficiente oppure si nutrivano dubbi nei confronti dei nuovi investitori, dei quali al momento si ignora il nome. Si sa soltanto che gli interessati dovrebbero essere nove, tra cui l’indiano Bajaj, già presente nel capitale della società austriaca. A convincere gli istituti di credito devono essere stati i conti presentati dal curatore nominato dal tribunale. Infatti, qualora Ktm fosse andata in fallimento, dalla liquidazione degli attivi si sarebbero ricavate risorse in grado di restituire ai creditori soltanto il 15% di quanto dovuto e chissà quando. Meglio dunque il doppio e già entro un paio di mesi.

I dati aggiornati da Alpenländischer kreditorenverband (la società di diritto pubblico che in Austria presta assistenza in situazioni debitorie) hanno certificato un debito di 2,5 miliardi di euro verso 1.200 creditori. A questi si aggiungono i dipendenti (per qualche decina di milioni di euro), che fanno salire il totale a oltre 3.700 soggetti. Dall’inizio della crisi gli occupati erano già stati ridotti da 2.500 a circa 2mila persone.

di Franco Vergnano

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