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OnlyFans

Il fango dietro OnlyFans

Dal quadro che emerge, OnlyFans non è affatto «il raccoglitore di social media più sicuro al mondo» che sostiene di essere

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Dal quadro che emerge, OnlyFans non è affatto «il raccoglitore di social media più sicuro al mondo» che sostiene di essere

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Dal quadro che emerge, OnlyFans non è affatto «il raccoglitore di social media più sicuro al mondo» che sostiene di essere

Per lungo tempo è stata considerata la redenzione dell’industria del sesso. Un luogo virtuale di emancipazione femminile, dove le donne libere – e pure gli uomini – possono liberamente sfruttare l’esclusiva risorsa del proprio corpo come mai prima d’ora. Fino a monetizzarla, farne impresa. Senza padroni o sforzi particolari: basta la foto giusta, un video breve che lasci soltanto intendere. «Perché spaccarsi la schiena quando esiste OnlyFans?» si chiedono in molte e ribadiscono altrettanti (ricordate la polemica alle Olimpiadi dei tuffatori britannici, prestatisi ai contenuti espliciti per arrotondare lo stipendio?). Ecco. Dietro i casi copertina, i «Che c’è di male?», dalla piattaforma per adulti starebbe tuttavia affiorando un substrato di sfruttamento e sistematica prostituzione. Come succede a margine del porno tradizionale, delle strade e dei bordelli. Sin dalla notte dei tempi, attorno al «mestiere più antico del mondo» (parola di Rudyard Kipling). OnlyFans è solo l’ultimo filtro di una brutta storia.

A rivelarlo è “Reuters”, nel corso di una dettagliata inchiesta a puntate che smonta pezzo per pezzo l’accattivante reputazione del servizio a pagamento. I capitoli vanno dai pericoli per i minorenni alla condotta ingannevole dei content creator: il primo risale allo scorso marzo, il più recente a pochi giorni fa. Dal quadro che emerge, OnlyFans non è affatto «il raccoglitore di social media più sicuro al mondo» che sostiene di essere. Anzi. Può diventare veicolo di abusi, stupri, fino alla schiavizzazione delle donne: l’agenzia di stampa testimonia centinaia di casi soltanto negli Stati Uniti, basandosi sui documenti della polizia, delle Corti di giustizia e sulla voce degli inquirenti.

Quel che è certo è che OnlyFans permette enormi margini di profitto dalle visualizzazioni di contenuti: l’80% ai proprietari degli account, il resto a una piattaforma che nel giro di otto anni è diventata una miniera d’oro globale (quasi 245 milioni di utenti e un volume d’affari da 2,5 miliardi di dollari). Il problema è che spesso a guadagnarci non sono i creatori, come rivendica OnlyFans, ma un’ampia tipologia di trafficanti sessuali: fidanzati che costringono, maîtresse del web, papponi più o meno convenzionali (si racconta del giro sporco dietro a una famiglia modello in Ohio), influencer deviati. Il comun denominatore è la posizione dominante, l’annientamento strutturale della dignità della donna (attirata, raggirata, intrappolata in un vicolo cieco). Emblematico e ben noto il caso di Andrew Tate, l’ex kickboxer a processo in Romania per stupro e traffico di esseri umani anche attraverso OnlyFans. Quel che si tende a trascurare, secondo l’indagine di “Reuters”, è che al crimine della singola celebrità corrispondono svariati tentativi d’imitazione: i magistrati di Bucarest hanno perfino coniato la formula “copia carbone del modello Tate”.

Ma cosa fa la piattaforma per monitorare e regolamentare i propri spazi? In sintesi, non granché. Dice di proibire «la prostituzione e la schiavitù moderna, tutelando la nostra comunità»: i fatti sembrano suggerire il contrario. Inoltre, tre anni fa aveva annunciato di voler vietare i contenuti pornografici (fatte salve le foto di nudi), a oggi però non c’è traccia del cambio di rotta. E, oltre alle controversie, può contare su una legislazione quasi mai attrezzata per contrastare le violenze e lo sfruttamento online. «OnlyFans ha sdoganato nuove frontiere del traffico sessuale, fornendo una nicchia di eccezionale tranquillità per il business dei malviventi» spiegano i procuratori americani. La piattaforma poggerà anche su un’intuizione aziendale vincente, foriera di esempi di successo. Eppure, se non riesce a vigilare sull’uso che se ne fa, varranno sempre di più gli abusi. E finora non sono pochi.

di Francesco Gottardi

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