Come rimpatriare il tesoretto raccolto da Perseverance
A segnare una nuova svolta nell’annoso quesito è Perseverance, un robottino da circa una tonnellata che la Nasa aveva costruito per l’esplorazione del cratere marziano Jezero
Come rimpatriare il tesoretto raccolto da Perseverance
A segnare una nuova svolta nell’annoso quesito è Perseverance, un robottino da circa una tonnellata che la Nasa aveva costruito per l’esplorazione del cratere marziano Jezero
Come rimpatriare il tesoretto raccolto da Perseverance
A segnare una nuova svolta nell’annoso quesito è Perseverance, un robottino da circa una tonnellata che la Nasa aveva costruito per l’esplorazione del cratere marziano Jezero
A segnare una nuova svolta nell’annoso quesito è Perseverance, un robottino da circa una tonnellata che la Nasa aveva costruito per l’esplorazione del cratere marziano Jezero
Pianeta rosso in spedizione. Pezzo a pezzo, verso la Terra, per capire se mai c’è stata vita là dove oggi è tutta un’arida landa bruna. A segnare una nuova svolta nell’annoso quesito è Perseverance, un robottino da circa una tonnellata che la Nasa aveva costruito per l’esplorazione del cratere marziano Jezero: qui l’astromobile ha trascorso gli ultimi tre anni a setacciare e trivellare, raccogliendo i campioni rocciosi più rilevanti nei pressi di un’antica zona fluviale e lacustre. Si tratta di una trentina di frammenti in tutto. Secondo gli scienziati è una collezione straordinaria, senza precedenti per qualità del materiale rinvenuto. A tal punto da rendere il bottino di Perseverance una sorta di cifrario per comprendere oltre ogni attuale nozione la storia geologica del pianeta e la sua evoluzione climatica.
Se insomma Marte ha avuto davvero degli abitanti in carne e ossa, lo si scoprirà dall’analisi di questi blocchi di pietra incontaminata (o almeno questa è la carta migliore a nostra disposizione). C’è però un problema: come trasportare questi campioni alla base, a 53 milioni di chilometri di distanza? La stessa Perseverance ci mise oltre sei mesi e comunque non è attrezzata per viaggiare da sola col bagaglio. Magari può sorprendere, ma il rimpatrio dei sedimenti marziani è considerato dalla Nasa una delle missioni più complesse mai intraprese. E soltanto adesso si profila un’apposita soluzione.
L’annuncio, effettuato direttamente da Washington, arriva dopo una lunga fase di caos e astronomici imbarazzi. Esisteva infatti un programma originario (il “Mars Sample Return”), tuttavia cestinato per questioni logistiche e di costo (11 miliardi di dollari in preventivo). Stando agli addetti ai lavori, il dietrofront organizzativo avrebbe comunque fatto slittare il rientro dei campioni dal 2031 al 2040. «Un ritardo inaccettabile» ha tagliato corto in questi giorni Bill Nelson, l’amministratore della Nasa. «I futuri anni Quaranta saranno quelli in cui invieremo i nostri astronauti su Marte in sicurezza: dobbiamo sapere cosa ci aspetta».
Dopo mesi di stallo (e 11 studi al vaglio) in cui l’aspetto tecnico – un missile di trasporto da un pianeta all’altro sarebbe un’assoluta novità – si è intrecciato a quello economico, la Nasa ha finalmente tracciato la via. O meglio, due opzioni ben distinte: la prima si affiderebbe alla tecnologia di laboratorio già impiegata per Perseverance, cioè una sorta di gru aerea combinata a paracaduti per il rientro atmosferico; la seconda sfrutterebbe invece i recenti progressi dell’industria aerospaziale – a partire da SpaceX targata Elon Musk – per spedire su Marte un massiccio veicolo di supporto a Perseverance. La nuova strategia definitiva verrà scelta entro la seconda metà del 2026. Permetterà l’arrivo dei campioni marziani sulla Terra tra il 2035 e il 2039, per un costo stimato tra i 5,5 e i 7,7 miliardi di dollari: un risparmio in ogni caso significativo.
La sfida più grande dei prossimi anni sarà trovare una contromisura efficace alla rarefatta atmosfera del Pianeta rosso, capace sia di bruciare le navicelle non dotate di scudo termico sia di ostacolare il paracadutarsi delle medesime (pure per Perseverance fu un’impresa, accolta da suspence e applausi alla base). Come spiegano dalla Nasa, «ci sono in ballo troppe cose per fermarsi qui: questi blocchi di roccia possono cambiare il modo in cui intendiamo Marte, il nostro universo e – in ultima analisi – noi stessi». Extraterrestri ne abbiamo?
di Francesco Gottardi
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