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TikTok

TikTok e la guerra cognitiva

Giovedì scorso la cinese ByteDance, società madre della popolare app TikTok, ha volontariamente sospeso la versione Lite in Francia e in Spagna

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TikTok e la guerra cognitiva

Giovedì scorso la cinese ByteDance, società madre della popolare app TikTok, ha volontariamente sospeso la versione Lite in Francia e in Spagna

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TikTok e la guerra cognitiva

Giovedì scorso la cinese ByteDance, società madre della popolare app TikTok, ha volontariamente sospeso la versione Lite in Francia e in Spagna

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Giovedì scorso la cinese ByteDance, società madre della popolare app TikTok, ha volontariamente sospeso la versione Lite in Francia e in Spagna

Giovedì scorso la cinese ByteDance, società madre della popolare app TikTok, ha volontariamente sospeso la versione Lite in Francia e in Spagna dopo un’indagine avviata dalla Commissione Ue. Troppi i rischi per la salute mentale dei giovani poiché, con il Task and Rewards Program, gli utenti di Lite sono pagati in base al tempo trascorso online. Da qui la violazione: secondo l’europeo Digital Services Actavendo più di 45 milioni di utenti europei, l’azienda avrebbe dovuto redigere una relazione preliminare sui rischi che però non è mai arrivata. Invece di inviare i documenti mancanti – c’era tempo fino al 25 aprile – ByteDance ha scelto l’autosospensione. Una tacita ammissione di colpa, che non ci deve stupire per almeno tre buone ragioni.

Le prime due sono spiegate dalla scienza. Uno studio pubblicato nel 2021 da ricercatori cinesi e altri lavori del 2023 finanziati dalla cinese National Natural Science Foundation hanno dimostrato che la visione prolungata di video suggeriti dall’algoritmo di TikTok abbassa l’autocontrollo e stimola il consumo compulsivo di immagini. L’app è dunque in grado di manipolare l’attenzione su contenuti pilotati, una dinamica che non si innesca invece con i video scelti dall’utente (cioè senza il suggerimento dell’algoritmo). È improbabile che ByteDance non fosse a conoscenza di queste evidenze, prodotte peraltro da scienziati connazionali: in realtà si sarebbe trovata a doverle contestare nei documenti per l’Unione europea.

Vi sono poi gli aspetti legati alla manipolazione mentale, cui la scienza è interessata per combattere patologie correlate all’invecchiamento cognitivo e di ordine psicologico e neurologico. Ad esempio con lo sleep engineering, l’ingegneria del sonno: ascoltare specifiche tracce audio – anche mentre dormiamo – può influenzare cervello e sistema nervoso. Il suono si aggiunge come ‘arma’ potenziale al paniere di contenuti pilotati dall’app.

La terza ragione per cui l’autosospensione era prevedibile è invece cronaca recente: all’inizio di marzo TikTok ha lanciato una campagna politica chiedendo ai suoi 170 milioni di utenti americani di protestare con il governo Usa per evitare il blocco dell’app (poi arrivato pochi giorni fa). Sulla Casa Bianca si è abbattuto in effetti un diluvio di telefonate e di e-mail. Oggi grandi aziende esercitano il potere al pari di Stati e il controllo dell’informazione è uno strumento chiave per espanderlo. Sorvegliare il modo in cui le piattaforme social influenzano opinioni e persino comportamenti – in un mondo nel quale TikTok è la principale fonte di informazione per la generazione Z (i nati tra i tardi anni Novanta e il 2010) – è necessario. Secondo Nita Farahany, tra i massimi esperti mondiali di neurodiritti, TikTok è usata dalla Cina nella guerra cognitiva sferrata contro il mondo occidentale: l’app può raccogliere anche dati biometrici, benzina digitale per sviluppare armi capaci di influenzare lo stato mentale di soldati nemici.

Sulle possibili soluzioni non vi è però accordo unanime. Meredith Whittaker, fondatrice della celebre app di messaggistica Signal, teme che spostare il controllo delle piattaforme da un’azienda a un soggetto riferibile alla politica sia comunque dannoso perché sposterebbe il problema (la concentrazione di potere sull’informazione) senza risolverlo. È la strada intrapresa dall’amministrazione Biden: TikTok avrà nove mesi di tempo per essere ceduta a un’azienda non legata al governo cinese, pena l’eliminazione dal mercato americano.

di Nicoletta Prandi, Autrice di “Finché chip non ci separi” (Edizioni Leucotea)

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