Afragola, i doveri di tutti noi
Sbigottiti dall’assoluta ripetitività di queste tragedie, si ha la tentazione di rifugiarsi in un silenzio attonito. Ma non abbiamo il diritto di arrenderci. Il femminicidio di Afragola
Afragola, i doveri di tutti noi
Sbigottiti dall’assoluta ripetitività di queste tragedie, si ha la tentazione di rifugiarsi in un silenzio attonito. Ma non abbiamo il diritto di arrenderci. Il femminicidio di Afragola
Afragola, i doveri di tutti noi
Sbigottiti dall’assoluta ripetitività di queste tragedie, si ha la tentazione di rifugiarsi in un silenzio attonito. Ma non abbiamo il diritto di arrenderci. Il femminicidio di Afragola
Sbigottiti dall’assoluta ripetitività di queste tragedie, si ha la tentazione di rifugiarsi in un silenzio attonito.
Di arrendersi all’ineluttabile, all’incapacità di articolare qualsiasi pensiero che abbia un valore, un senso e una logica rispetto alla sconfinata pochezza di motivazioni che non possono neppure essere definite tali.
Ci vergogniamo di scrivere per l’ennesima volta che non si può uccidere per un “no“. Che non si dovrebbe neppure articolare il pensiero di arrivare a tanto.
All’evidenza, dobbiamo però ripeterlo e continuare a porci domande sconfortanti nella loro banalità.
Non abbiamo il diritto di arrenderci: questo giovane che, ad Afragola (Napoli), ha confessato ieri di aver ammazzato con una pietra una ragazza di 14 anni avrà avuto qualcuno a casa. Avrà ascoltato qualcuno sui banchi. Avrà sentito la televisione parlare di violenza sulle donne e di violenza in generale. Come è possibile che nulla sia arrivato al suo cervello e alla sua anima?
Il nostro può essere un lavoro frustrante come pochi, quando si è costretti a commentare bestialità come queste, viste un’infinità di volte, analizzate, sminuzzate in tutti modi possibili, senza approdare mai a nulla. Non abbiamo il diritto del silenzio di circostanza, esiste un dovere educativo di tutti noi adulti che non si ferma ai nostri figli.
I social li abbiamo tutti, usiamoli perché questa è una deriva indegna e se dall’inizio del 2025 i numeri ci dicono che le cose stanno andando peggio dell’anno scorso – nonostante l’impegno di tanti, le campagne di comunicazione e di sensibilizzazione – vuol dire che dobbiamo fare di più, osservare di più, parlare di più. Senza curarci di chi si rifiuta di vedere il problema o, viceversa, lo sfrutta per trarne conclusioni politiche e ideologiche.
È un tema educativo a cui non abbiamo il diritto – ancora una volta – di sottrarci.
di Fulvio Giuliani
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