Alessia Piperno, quando starsene zitti è un bene
Alessia Piperno, quando starsene zitti è un bene
Alessia Piperno, quando starsene zitti è un bene
Non c’era alternativa al lavoro discreto, silenzioso e continuo dei nostri diplomatici e servizi per far rientrare relativamente in fretta – e in buone condizioni – Alessia Piperno. La trentenne romana, arrestata in Iran lo scorso 28 settembre, ha vissuto un mese e mezzo da incubo per azioni che nella nostra parte di mondo sono di una banalità sconcertante: viaggiare, riprendere luoghi e persone e postarli nei social network. Solo che l’Iran non ne fa parte, come dolorosamente ci ricorda anche il suo apporto tecnologico alla guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina.
Era fondamentale spegnere i riflettori su questa vicenda, come richiesto dalla Farnesina poche ore dopo il fermo della ragazza, per consentire alla diplomazia e ai servizi segreti di fare al meglio il loro lavoro. E l’Italia dispone di professionisti eccezionali, come sottolineato ieri anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel dare la notizia. Tradotto, qualsiasi pressione dell’opinione pubblica in favore di Alessia Piperno avrebbe avuto il paradossale effetto di incancrenire la situazione e sollecitare le reazioni più ideologiche del governo di Teheran. Lavorando sotto traccia si è potuto invece concludere l’operazione, suggellata da una telefonata fra il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani e il suo omologo iraniano. Roma e Teheran restano distanti, ma aprire un canale – in un frangente così delicato per le relazioni internazionali – può risultare un valore anche oltre la felice conclusione di questa brutta avventura.
di Marco SallustroLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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