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Educazione sessuale: la scuola non deve chiedere permesso

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Davvero interessanti, anche perché spesso poco assennate, le cose che si sentono dire circa il mondo della scuola e, in quello, dell’educazione sessuale

Educazione sessuale: la scuola non deve chiedere permesso

Davvero interessanti, anche perché spesso poco assennate, le cose che si sentono dire circa il mondo della scuola e, in quello, dell’educazione sessuale

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Educazione sessuale: la scuola non deve chiedere permesso

Davvero interessanti, anche perché spesso poco assennate, le cose che si sentono dire circa il mondo della scuola e, in quello, dell’educazione sessuale

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Davvero interessanti, anche perché spesso poco assennate, le cose che si sentono dire circa il mondo della scuola e, in quello, dell’educazione sessuale. Fu una ricerca fatta in Basilicata con l’aiuto di un economista e meridionalista con i fiocchi, Manlio Rossi-Doria, che portò un sociologo statunitense – Edward C. Banfield, che aveva sposato un’italiana – a formulare il concetto di «familismo amorale». Cercava le radici di un’arretratezza che non accennava a essere superata. I pregiudizi che vide allora si sono rivestiti alla moda presente e si sono ripresentati, millantando una nuova e meritoria difesa della famiglia. Restano i chiodi dell’arretratezza e dell’opacità morale.

Lasciamo perdere le commedie politicanti, recitate anche male. Perché mai dovrebbe servire l’autorizzazione della famiglia per potere tenere a scuola qualche ora di educazione sessuale? Non si chiede il permesso per spiegare le atrocità della Shoah, che pure sarebbe bene togliessero il sonno ai ragazzi (come ancora lo tolgono a noi). Un tempo non si chiedeva il permesso per niente, il che rispondeva non a disattenzione bensì all’opposto: a un’idea funzionale e costruttiva della scuola. Il ruolo della famiglia, dei genitori era quello di seguire i pargoli, magari informarsi sull’andamento scolastico e all’occorrenza (e spesso occorreva) dare manforte all’autorevolezza degli insegnanti. Sì, anche confermandone e rafforzandone le azioni punitive, incruente e senza pericoli. Non importava neanche che il docente avesse ragione o meno: era l’autorità e l’altra – quella familiare – la sosteneva sostenendo sé stessa. Sapevamo tutti chi fosse scemo o incapace, ma s’imparavano le regole del gioco.

Oggi troppe famiglie si sentono antagoniste dei docenti, immaginandosi così di difendere i ragazzi. Quel che ottengono è sottrarre ai propri figli il diritto di avere a che fare con degli adulti che non siano infanti invecchiati. E qui arriva il sesso: quanti di noi ne hanno avvertito l’esistenza a iniziare dai dialoghi familiari? Non scommetterei sull’uno per mille e ho anche il timore che siano casi drammatici. Il sesso è nel mondo, così come la curiosità e i timori che ne accompagnano l’attesa.

Sono illusi quanti sperano che parlandone a scuola si possa cancellare il male e l’istinto di possesso dal mondo. Sono spaventosi quanti credono che a scuola si possa sopprimerne o deviarne il potente e insopprimibile istinto. Stabilire che per parlarne si debba essere autorizzati dalla famiglia significa credere che in quella vi siano un bene e una salvezza sessuale che a scuola si possono compromettere. Mentre può capitare e purtroppo capita l’esatto opposto: a scuola ci si accorge che una devianza in famiglia è divenuta violenza sul minore.

La prevalenza morale della famiglia è uno degli elementi di quel familismo amorale che fu studiato nella coriacea arretratezza. La prevalenza morale della famiglia è alla base di quella demenziale e terrificante caccia alle streghe che si scatenò a Bibbiano. Un buco nero superstizioso e satanista apertosi nella mente di troppi, fra politici e giornalisti (con la Procura che intitolava il fascicolo “Angeli e demoni”).

Certo che la famiglia è il nucleo fondamentale in cui cresce un bambino e che gestisce le conflittualità un adolescente. La scuola non è una scelta alternativa, ma la complementare necessità che le mura di quella famiglia non diventino impermeabili al mondo. Come racconta Tara Westover in un libro intitolato “Educazione”. La scuola è un pezzo del mondo senza il quale la famiglia neanche sarebbe nata.

Ci si ponga il problema di chi sarà formato per informare sul sesso, quali saranno i programmi e come si misureranno i risultati (perché non faccia la triste fine dell’educazione civica). E valga anche per scienza, storia, matematica e via così. Senza bisogno del permesso, che la sola idea già dimostra il pericolo che si corre: lasciare la violenza e la sopraffazione dentro sigillate mura domestiche.

di Davide Giacalone

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