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Fare surf in Canal Grande per apparire, non per essere

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La bravata dei due turisti che fanno surf in Canal Grande è il trionfo della spacconaggine social. Anche prima esistevano gli esibizionisti, certo, ma lo facevano per sé stessi, non per essere ripresi da uno smartphone e finire sul web.

surf in canal grande

Fare surf in Canal Grande per apparire, non per essere

La bravata dei due turisti che fanno surf in Canal Grande è il trionfo della spacconaggine social. Anche prima esistevano gli esibizionisti, certo, ma lo facevano per sé stessi, non per essere ripresi da uno smartphone e finire sul web.

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Fare surf in Canal Grande per apparire, non per essere

La bravata dei due turisti che fanno surf in Canal Grande è il trionfo della spacconaggine social. Anche prima esistevano gli esibizionisti, certo, ma lo facevano per sé stessi, non per essere ripresi da uno smartphone e finire sul web.

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Quest’estate ne abbiamo viste di ogni, dal turista che sfreccia in Vespa negli scavi archeologici di Pompei a un campionario infinito di cafonate da turismo all’ingrosso, in spregio a qualsiasi regola di buona educazione, decenza e prudenza. Ieri all’alba, a Venezia, si è però stabilito un primato difficilmente eguagliabile: surfare in Canal Grande, fra taxi, gondole (in verità poche, considerata l’ora) e vaporetti. Autori dell’ “impresa” due turisti quasi certamente stranieri, che hanno pensato bene di guadagnare i loro 15 minuti di celebrità cavalcando surf elettrici di gran moda in quest’estate. Al mare o sui laghi, si intende.

Mettere in scena una simile bravata nel canale più famoso al mondo è il trionfo della spacconaggine e dell’autoreferenzialità social. Gli esibizionisti, infatti, sono sempre esistiti. Molto prima di Instagram, il francese Alain Robert, detto l’Uomo Ragno, scalava i grattacieli, mentre è passata alla storia la terrificante passeggiata di Philippe Petit su un cavo sospeso fra le due Torri Gemelle di New York. Parliamo, però, di veri e propri artisti dell’esibizione, funamboli relativamente interessati al pubblico occasionale e concentrati su sé stessi. Si bastavano, per dirla tutta.

Oggi, l’imbecille di turno sa che verrà ripreso e postato in tempo zero e il più delle volte si organizzerà perché qualcuno provveda, nel remoto caso non ci sia uno smartphone in zona. Lo si fa per quello, accettando le conseguenze: quali che siano impallidiranno – nella loro testa – davanti a un video da milioni di visualizzazioni.

  Di Marco Sallustro

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