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Frederick clochard

Frederick non era solo un “clochard”

Frederick non era solo un “clochard”. Frederick era una persona. Un uomo mite. Un uomo che aveva vissuto l’inferno
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Frederick non era solo un “clochard”

Frederick non era solo un “clochard”. Frederick era una persona. Un uomo mite. Un uomo che aveva vissuto l’inferno
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Frederick non era solo un “clochard”

Frederick non era solo un “clochard”. Frederick era una persona. Un uomo mite. Un uomo che aveva vissuto l’inferno
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Frederick non era solo un “clochard”. Frederick era una persona. Un uomo mite. Un uomo che aveva vissuto l’inferno

Si chiamava Frederick e nella foto che sta circolando sui social è davanti a una lavagna. In Italia era arrivato dieci anni fa e proprio qui aveva conseguito la licenza media. La lavagna è quella della scuola in cui aveva studiato.

Frederick non dava fastidio a nessuno. Era gentile. Le persone che vivono nella zona dove dormiva gli portavano da mangiare. Nel parcheggio del supermercato dove stava, aiutava i clienti con i carrelli in cambio di qualche spicciolo. Frederick non era solo unclochard”. Frederick era una persona. Un uomo mite. Un uomo che aveva vissuto l’inferno e per scappare da quell’inferno era arrivato a Pomigliano d’Arco. Dove alcuni ragazzi hanno deciso che non meritava di vivere. Lo hanno massacrato di botte. Senza un perché. Ragazzi che a quanto pare avrebbero appena 16 anni. Sono stati arrestati, accusati di omicidio aggravato dalla crudeltà. Identificati grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona in cui Frederick è stato aggredito. Ragazzi cresciuti in un Paese dove non si devono chiedere l’elemosina per un pezzo di pane. Ragazzi che si sono arrogati il diritto di decidere che un’altra persona non doveva più vivere. E tutti noi, di questo, dovremmo vergognarci. Per Frederick e per gli altri come lui, incolpevoli vittime di un odio cieco e senza senso.  
di Annalisa Grandi

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