Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Garlasco, fra giudizio e giustizia

|

Quel che emerge dal caso Garlasco non è che la sentenza passata in giudicato possa essere sbagliata, ma che è certamente sbagliata la procedura seguita

Garlasco, fra giudizio e giustizia

Quel che emerge dal caso Garlasco non è che la sentenza passata in giudicato possa essere sbagliata, ma che è certamente sbagliata la procedura seguita

|

Garlasco, fra giudizio e giustizia

Quel che emerge dal caso Garlasco non è che la sentenza passata in giudicato possa essere sbagliata, ma che è certamente sbagliata la procedura seguita

|

Quel che emerge dal caso Garlasco non è che la sentenza passata in giudicato possa essere sbagliata, ma che è certamente sbagliata la procedura seguita. Agli studenti di Giurisprudenza, in tutto il mondo in cui esiste il diritto, si insegna in latino uno dei princìpi fondamentali a tutela degli imputati. Qui da noi, dove si trova la culla di quel principio, lo si è traslocato nella tomba. Dove non riposa in pace. Ma non basta, perché quel che succede ora in Procura riporta a quel che la Procura fece allora, raccontando ancora storie di faide togate.

Non esistono sistemi giudiziari immuni dall’errore

Non esistono sistemi giudiziari immuni dall’errore. Si possono scrivere regole processuali raffinate, ma non c’è verso di cancellare la possibilità dell’errore. Prendendone dolorosamente atto e cercando di non creare dolore inutile, i sistemi civili sono strutturati in modo tale da tenere presente che è meglio avere un colpevole libero. Piuttosto che un innocente in carcere. Può sembrare strano, specie nella nostra stagione incivile in cui il carcere precede la sentenza e la scarcerazione segue alla condanna. Ma quello è uno dei pilastri della civiltà.

Per evitare che il pilastro beccheggi sull’acquitrino, quindi sia destinato a crollare nella fanga, si è fissato un principio. Che nel sistema accusatorio di stampo anglosassone è denominato “double jeopardy”. E a quegli studenti s’insegna che discende dal diritto romano. Ove si chiama “ne bis in idem”. Nessuno può essere chiamato in giudizio due volte a rispondere del medesimo reato. O anche: non si può essere processati due volte per la stessa ragione. Siccome però esiste il diritto di ricorrere avverso le sentenze di condanna – quindi ad avere un secondo processo – la faccenda può essere così esemplificata. Dopo un’assoluzione non si può essere condannati per quello stesso reato.

Il caso di Garlasco

Nel caso di Garlasco è capitato che l’imputato sia stato assolto in primo grado (e, per quel principio, la faccenda doveva essere chiusa lì). Poi è stato assolto anche in secondo grado (e andava sepolta), ma la Cassazione ha annullato tutto e s’è rifatto il processo. È questo l’assurdo che va cancellato. Perché se non esiste il ragionevole dubbio circa uno che è stato assolto allora esiste la certezza che chi lo ha giudicato è un incapace. E va mandato via.

Qui, nella culla del principio, s’è dovuto attendere il 2006 per sentirlo vagire in una legge: la così detta Pecorella, dal nome del suo proponente. Ma l’infante tardivo è stato ucciso nella culla, dalla Corte costituzionale. Non nel silenzio, ma nel tripudio della politica che vedeva cadere un’altra legge berlusconiana (Pecorella, avvocato, era parlamentare di Forza Italia). L’inciviltà non conosce neanche il confine del ridicolo.

Garlasco, la sentenza della Corte va rispettata. Ma è basata su due errori

La sentenza della Corte va rispettata. Ma già allora mi sembrò profondamente sbagliata. Perché basata su due errori:

  • 1) da noi il processo è uno solo, articolato in tre gradi di giudizio. Quindi (come nel caso Garlasco) posso processarti cinque o più volte, sostenendo sempre che sia la prima;
  • 2) se la difesa può ricorrere avverso una condanna e l’accusa non può farlo avverso un’assoluzione, allora viene meno l’uguaglianza delle parti.

La prima cosa è un assurdo, la seconda un abominio. Le due parti possono essere pari soltanto in dibattimento. Per il resto l’accusa opera per conto dello Stato. E ha una forza invasiva imparagonabile all’impegno difensivo. In tutta la fase delle indagini l’accusa ha il dominio assoluto. E no, non viola la parità in dibattimento il fatto che le venga impedito di ricorrere avverso le assoluzioni. Vediamo di sbrigarci, nel mettere giudizio e tornare alla civiltà.

Non ci siamo fatti mancare neanche il contorno spettacolare, con perquisizioni albeggianti e canali dragati a 18 anni di distanza. La Procura di oggi ritiene siano stati degli incapaci quelli della Procura di ieri. Sempre che non siano peggio che incapaci. Se è vero è grave e se non è vero gli incapaci sono gli odierni. Il fatto che nessuno ne avrà conseguenze è solo la ciliegia marmorea sulla torta rancida.

di Davide Giacalone

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Garlasco, l’impronta di Sempio e il “reperto 33”. “Ho fatto cose brutte che nessuno immagina”

21 Maggio 2025
Quello che vedete nella foto è il confronto fra l’impronta – il “reperto 33” – rinvenuta in casa…

Sorrento, arrestato il sindaco, bloccato mentre intascava denaro

21 Maggio 2025
La Guardia di Finanza ha arrestato il sindaco di Sorrento mentre intascava somme di denaro duran…

Nino Benvenuti e la ‘sua’ Italia a cui dire grazie

21 Maggio 2025
Nino Benvenuti era uno di quelli per cui il sacrificio non fu una parola astratta. In quell’epoc…

Garlasco, un’impronta di Sempio sul luogo del delitto?

20 Maggio 2025
I social del Tg1 annunciano che un’impronta della mano di Andrea Sempio si sarebbe trovatata vic…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI

    Exit mobile version