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I Campi Flegrei e le prove di evacuazione deserte

Campi Flegrei: pochissimi iscritti all’esercitazione nazionale, nonostante la sequenza preoccupante di scosse (anche significative) negli ultimi mesi

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I Campi Flegrei e le prove di evacuazione deserte

Campi Flegrei: pochissimi iscritti all’esercitazione nazionale, nonostante la sequenza preoccupante di scosse (anche significative) negli ultimi mesi

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I Campi Flegrei e le prove di evacuazione deserte

Campi Flegrei: pochissimi iscritti all’esercitazione nazionale, nonostante la sequenza preoccupante di scosse (anche significative) negli ultimi mesi

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Campi Flegrei: pochissimi iscritti all’esercitazione nazionale, nonostante la sequenza preoccupante di scosse (anche significative) negli ultimi mesi

Pochissimi iscritti all’esercitazione nazionale, nonostante la sequenza preoccupante di scosse (anche significative) negli ultimi mesi. Da domani al 12 ottobre si terranno le prove di evacuazione nell’area dei Campi Flegrei e nei giorni scorsi sono stati organizzati incontri pubblici di sensibilizzazione e prevenzione in ognuno dei sette Comuni (Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto, parte dei Comuni di Giugliano e Marano, alcune municipalità del Comune di Napoli) che formano il perimetro della zona rossa per rischio vulcanico, che tocca quasi mezzo milione di persone. Tutto inutile o quasi, al momento: alla prova di evacuazione si presenteranno in poche decine. L’esercitazione preferita è invece la rimozione del pericolo.

Quasi deserti anche alcuni degli infopoint allestiti nelle aree cittadine all’interno della zona rossa: resiste infatti un concentrato di fatalismo per quel che si è vissuto nei mesi scorsi e ancora di più per i terribili terremoti degli anni Ottanta, che tengono ancora sotto scacco gli over 45. Ora ci sono gli strumenti tecnologici dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) che prevedono anche l’intensità delle scosse così come l’attività preventiva per incanalare – in caso di sisma – il flusso delle persone nelle aree coinvolte e per lavorare sulle vie di fuga abbandonate per decenni, ma la quasi totalità delle persone sembra solo voler far finta che i terremoti non esistano in un’area che si poggia su una caldera.

di Nicola Sellitti

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