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Il solito, imbarazzante ‘giorno dopo’

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Il bilancio della guerriglia urbana a Napoli, per Napoli-Eintracht Francoforte. Il solito giorno dopo, tra accuse, riflessioni e responsabilità

Il solito, imbarazzante ‘giorno dopo’

Il bilancio della guerriglia urbana a Napoli, per Napoli-Eintracht Francoforte. Il solito giorno dopo, tra accuse, riflessioni e responsabilità

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Il solito, imbarazzante ‘giorno dopo’

Il bilancio della guerriglia urbana a Napoli, per Napoli-Eintracht Francoforte. Il solito giorno dopo, tra accuse, riflessioni e responsabilità

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È il solito momento del giorno dopo. Delle riflessioni, delle colpe, delle responsabilità evitate, degli appelli rivelatisi tardivi. Il bilancio della guerriglia urbana a Napoli, per Napoli-Eintracht Francoforte, rappresenta in realtà il punto più alto per la rete internazionale degli ultras. La prova di un modello che funziona al dettaglio, che sa eludere i controlli – anche online – delle forze dell’ordine, delle forze investigative, dell’azione coordinata tra la polizie nazionali.

È tutto nelle parole del prefetto di Napoli, Claudio Palomba, che ha spiegato la strategia del tifo organizzato: sono arrivati a Napoli in ordine sparso, in gruppetti, da Bari, da Pescara, da Roma, da Salerno, da Bergamo, accompagnati dai sodali bergamaschi, con cui i tedeschi sono gemellati. La certificazione che il microcosmo ultras va ben oltre i Daspo su territorio nazionale, forse potrebbe andare anche oltre una forma di Daspo europeo: hanno mezzi, risorse, contatti, dispongono di un codice, seguono una precisa liturgia da seguire. Una falange armata. Una forza trasversale, con una traiettoria di azione a uncinetto, tra amici, alleati, nemici.

Quindi, serve una strategia europea, assieme alla volontà politica, nazionale e dell’Ue, di andare a colpire le ricchezze, le fonti di approvvigionamento delle bande ultras, la materiale disponibilità economica che consente di muoversi a piacimento tra Germania, Italia, Belgio, Olanda, Grecia, Balcani, tra aerei, treni, bus. Gli ultras tedeschi, conosciuti e schedati dalla polizia tedesca, si sono mossi da casa, sono riusciti a evadere ogni tipo di controllo. Già questo andrebbe spiegato, possibilmente presto. Il Viminale, dal suo canto, potrebbe ricostruire la filiera che ha portato gli ultras dell’Atalanta a scortarli personalmente a Napoli, per 24 ore di violenza e sangue tipo Apocalypse Now.

L’appello del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis rivolto alla presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen sull’applicazione del modello Thatcher, che ha raso al suolo il dilemma degli hooligans, potrebbe essere una soluzione. E merita risposte, nella consapevolezza che il problema è radicato e di complicata risoluzione, che si tratta di cittadini europei che circolano liberamente e che non è una barzelletta sospendere il trattato di Schengen per bloccarli alle frontiere, che non esistono più. De Laurentiis, nel frattempo – ed è una politica che non tutti i club italiani hanno seguito – ha chiuso ogni tipo di rapporto con il tifo organizzato e per questo motivo è da sempre nel mirino di una fetta del tifo napoletano.

A Napoli è stato devastato il centro storico. Sono stati distrutti negozi, automobili, ci sono stati feriti. Persone che per evitare di essere travolte da oggetti e violenza si sono rifugiate nelle chiese. Ci sono danni per centinaia di migliaia di euro, assieme alla sensazione di impotenza, di rabbia, per aver assistito inermi alla devastazione sistematica, prevedibile, della città.

Restano inevase alcune domande, in attesa di una relazione del titolare del Viminale, Matteo Piantedosi. Per esempio, spiegazioni sugli ultras del Francoforte che non sono stati confinati in albergo, dove hanno alloggiato, oppure condotti all’interno dello stadio e poi, sempre scortati, agli autobus per il rientro in patria. Dal prefetto di Napoli non è arrivata risposta, anzi è stata rivendicata la scelta di farli circolare nelle vie del centro di Napoli, che nel codice delle consuetudini ultras significa offendere il tifo organizzato di casa, che infatti è sceso in battaglia. Nessuna ammissione di colpa, solo difesa del proprio operato.

E non è arrivata sinora neppure una risposta, una nota, un filo di voce, da Aleksandr Ceferin, il discusso numero uno dell’Uefa, che una manciata di ore fa si era scagliato contro il divieto di trasferta per gli ultras tedeschi a Napoli. Assente ingiustificato alla festa, ma l’Uefa, che ha sulla coscienza diversi episodi in cui i tifosi hanno rischiato la vita, dovrebbe iniziare ad assumersi le sue responsabilità, limitando l’accesso alle coppe europee per le tifoserie con ultras violenti e scalmanati. Che sono conosciuti, sono divenuti potenti negli anni. E che vanno iniziati a combattere, con ogni mezzo.

di Nicola Sellitti

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