Il terremoto scuote anche le menti
Un terremoto fa tremare la terra, l’anima e la carne. La catastrofe del Myanmar ha dimensioni bibliche. La nostra mente si difende automaticamente con la rimozione: «A noi, qui, non succede»
Il terremoto scuote anche le menti
Un terremoto fa tremare la terra, l’anima e la carne. La catastrofe del Myanmar ha dimensioni bibliche. La nostra mente si difende automaticamente con la rimozione: «A noi, qui, non succede»
Il terremoto scuote anche le menti
Un terremoto fa tremare la terra, l’anima e la carne. La catastrofe del Myanmar ha dimensioni bibliche. La nostra mente si difende automaticamente con la rimozione: «A noi, qui, non succede»
Un terremoto fa tremare la terra, l’anima e la carne. La catastrofe del Myanmar – montagne di macerie e migliaia di morti – ha dimensioni bibliche. La nostra mente si difende automaticamente con la rimozione: «A noi, qui, non succede». Ma il terremoto di Lisbona del 1755 fu della stessa intensità del sisma della ex Birmania (magnitudo 7,7 se non maggiore). Colpì l’Europa, l’Africa e anche l’America. Incrinò l’ottimismo dell’Illuminismo e diede da pensare a Voltaire e Kant che, alla lettera, non seppero cosa pensare.
Nel 1908 ci vollero trentasette secondi per spazzare via dalla faccia della terra metà della popolazione di Messina e un terzo della gente di Reggio Calabria. Uno dei maggiori disastri naturali e civili del XX secolo. I contemporanei – ad esempio Benedetto Croce o Gaetano Salvemini che perse nell’ecatombe tutta la famiglia: la moglie e i cinque figli – parlarono del terremoto come di un evento naturale che ritenevano innaturale. Ossia confinato nel lontano e mitico passato non riguardante più il civile mondo moderno. Ma, stando ai fatti, dinanzi al terremoto non c’è civiltà che tenga.
Il geologo scozzese Charles Lyell, che diede una descrizione del terremoto di Lisbona, disse che prima si udì «un rombo come di tuono» risalire dalle viscere della terra. Subito dopo tutto tremò, l’oceano si ritirò per poi ritornare e sollevarsi, le montagne si mossero e nel giro di sei minuti morirono sessantamila persone. Il suono sordo del rombo terrestre si udì anche nel 1883 nel famoso “tremuoto” di Casamicciola nell’isola di Ischia. In cui, quella volta, a perdere la famiglia toccò al giovane Croce. Che venticinque anni dopo avvertì con animo perturbato e commosso il dolore dell’amico Gaetano. Che perse il bene dell’intelletto e faceva temere per la sua salute mentale.
Il terremoto del 23 novembre 1980 è fisso nella mia mente e nelle mie membra. Salgo le scale del terzo piano del palazzo dei nonni e tutto inizia a ballare. Entro di volo dentro casa e mi rifugio con i nonni sotto l’architrave del muro maestro. Mentre il palazzo prima sobbalza e poi oscilla come un pendolo. Così tanto che posso quasi toccare con mano i platani che sono a venti metri di distanza dal palazzo. Chi è sopravvissuto a un terremoto sa che la vita umana è terremotata per natura e si sta sempre come d’autunno sugli alberi le foglie. Esserci non è scontato.
A Napoli, nell’area vasta e mobile e assolata di Pozzuoli e Bagnoli la terra trema a giorni alterni. È il bradisismo. Un fenomeno più lieve del “tremuoto” ma si balla lo stesso. Sia la storia degli uomini sia la storia della terra – perché anche la terra ha la sua storia – dimostrano che lì si può scivolare sottoterra o sotto il mare in un nonnulla. Sott’acqua ci sono città del passato e anche vicino Lisbona, sulla costa africana, gli Antichi collocavano la mitica Atlantide inghiottita dalla salsedine. San Genna’, pensaci tu.
Ma anche i santi hanno altro a cui pensare. E lo «sterminator Vesevo», bello da guardare, fa paura al solo immaginare cosa potrebbe fare se si svegliasse dal sonno che non è eterno. Quando Goethe nel Settecento si affacciò dal Palazzo Reale in una notte di luna lo vide ferito a un lato che versava sangue. E gli parve bello e pagano in una notte dolce, calma e senza vento che avrebbe accarezzato anche la sofferenza del morente Leopardi.
La natura non ha altro fine che la natura. La sua potenza ci respinge e insieme ci attrae perché genera in noi il sentimento del sublime in cui l’energia sovrumana sopravanza la forma dell’intuizione e della conoscenza. E l’umanità è davvero un fiore che spunta sulla dura roccia che una tempesta in qualsiasi momento può spezzare e spazzare via. Deo gratias.
Di Giancristiano Desiderio
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