«Vai così, è una figata / Perché una storia così / Non c’è mai stata». Parliamo di formalismi all’italiana e non di Jovanotti che sulla figata ci ha fatto un verso d’una sua canzone, “Vasco”. Più che di figata in questo caso è questione di Fico. Roberto Fico, presidente della Camera, grillino sin dai tempi in cui i grillini ce l’avevano con la casta. È bastato che Clemente Mastella, navigatore democristiano senza tempo, suggerisse a Silvio Berlusconi, quando ancora era candidato al Quirinale, di dare indicazioni ai suoi di diversificare il nome sulla scheda – cognome, nome & cognome, nome puntato e cognome – per capire, tra quanti dicevano di appoggiarlo, chi lo avesse votato e chi avesse fatto il tiratore (poco franco).
Zac, ecco allora arrivare la trovata fichesca. Fico, memore forse dell’intransigenza grillina del tempo che fu, ha fatto sapere che lui nello spoglio delle schede per il Quirinale darà lettura, quando non vi siano rischi di equivoco o di omonimia, del solo cognome. Il che funziona per la casalinga di Voghera seduta davanti alla tv ma non nel Palazzo dove gli scrutatori le scritte sulle schede le vedono tutte per esteso e devono pure annotarle e archiviarle a futura memoria. Senza contare la diseguaglianza – cinica e bara – che si viene a creare. Angela Alberto viene letto per intero, per non confonderlo col babbo Piero. E Berlusconi Silvio no, solo il cognome. Che sia unico non v’è dubbio, ma qualcuno dica a Fico che nel comasco (e in Lombardia), di Berlusconi ce n’è un fottio. Altro che Angela.
di Massimiliano Lenzi
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