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La lucida follia della familiarità con la strage

In provincia di Varese si è consumata l’ennesima strage familiare compiuta da un padre nei confronti dei due figli. Ancora una volta si rimane sbigottiti e increduli di fronte a tanta cieca e criminale violenza. Semplicisticamente e riduttivamente ricondotta poi alla “follia”.
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La lucida follia della familiarità con la strage

In provincia di Varese si è consumata l’ennesima strage familiare compiuta da un padre nei confronti dei due figli. Ancora una volta si rimane sbigottiti e increduli di fronte a tanta cieca e criminale violenza. Semplicisticamente e riduttivamente ricondotta poi alla “follia”.
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La lucida follia della familiarità con la strage

In provincia di Varese si è consumata l’ennesima strage familiare compiuta da un padre nei confronti dei due figli. Ancora una volta si rimane sbigottiti e increduli di fronte a tanta cieca e criminale violenza. Semplicisticamente e riduttivamente ricondotta poi alla “follia”.
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In provincia di Varese si è consumata l’ennesima strage familiare compiuta da un padre nei confronti dei due figli. Ancora una volta si rimane sbigottiti e increduli di fronte a tanta cieca e criminale violenza. Semplicisticamente e riduttivamente ricondotta poi alla “follia”.
Mentre, a giusta ragione, il mondo è con il fiato sospeso per la guerra in Ucraina – paventando scenari apocalittici da “The day after, con orride e terrifiche immagini di morte che penetrano nei nostri comodi salotti dagli apparecchi televisivi – un po’ più defilati, ma non per questo meno cruenti e crudeli, vengono perpetrati altri crimini. Paradossalmente, nel contesto dove ci si immagina, falsamente, di essere maggiormente protetti rispetto alle devastate e distrutte città ucraine. Com’è noto, recentemente si è consumata in provincia di Varese l’ennesima strage familiare compiuta dal padre nei confronti dei due figli. E, ancora una volta, si rimane sbigottiti e increduli di fronte a tanta cieca e criminale violenza, che semplicisticamente e riduttivamente viene ricondotta alla “follia”. In realtà, una marcata componente di disturbo mentale (diversamente modulato per intensità e pervasività) è presente in questi criminali. Tuttavia, non è assolutamente valida l’equiparazione disturbo mentale = incapacità di intendere e di volere (quanto meno nella sua forma estrema). Tali stragi, tecnicamente definite family mass murder, commesse da questi soggetti (family mass murderer) sono purtroppo molto frequenti quando vi sono in famiglia individui disturbati, caratterialmente inclini alla violenza, spesso adusi all’uso e all’abuso di alcool e droga. Molte volte il detonatore che fa deflagrare la miccia dell’esplosione della violenza è rappresentato da una forte e intensa conflittualità familiare: sia in assenza di separazione che in presenza di separazione. Se questa è la spiegazione in termini di criminogenesi, molto più complessa è la chiave di lettura della criminodinamica, vale a dire dei percorsi mentali che conducono al crimine un determinato soggetto. Infatti, talvolta, nella sua psiche alterata, in uno stato di slivellamento della coscienza (anche tossicologica) al culmine dell’intensità di uno scontro, un genitore decide di sopprimere i propri figli pur di impedire che vivano con l’ormai odiato coniuge, con un meccanismo psicocriminale definito della declaration de possession. Una sorta di rivisitazione, in chiave psicopatologica e criminale, dell’antico e arcaico ius vitae ac necis del pater familias dei contesti socio-familiari delle origini. Tali azioni possono essere a lungo preparate (staged domestic homicide) o, al contrario, frutto di un improvviso e subitaneo momento di forte discontrollo (spontaneous domestic homicide). Quasi sempre il criminale-stragista che si è investito del ruolo di giudice ed esecutore, consapevolizzando l’orrendo disvalore morale del turpe crimine che ha commesso, conclude l’azione stragista uccidendosi. Proprio il gesto del suicidio, che matura a termine della strage, è l’indicatore più nitido di una persistente lucidità mentale di fondo e della presenza della capacità di intendere e di volere. Infatti, l’estremo atto di autolesionismo scaturisce dall’incapacità di reggere al senso di colpa, che lapalissianamente non sarebbe presente in caso di totale incapacità mentale.   di Antonio Leggiero

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