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Funerali vaticani. Emeriti strabismi

L’addio a Benedetto XVI. L’ondata di commozione per la scomparsa del papa emerito avrà forse sorpreso gli osservatori più distratti o meno disposti a riconoscere la forza dei simboli nella ipersecolarizzata società moderna

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Funerali vaticani. Emeriti strabismi

L’addio a Benedetto XVI. L’ondata di commozione per la scomparsa del papa emerito avrà forse sorpreso gli osservatori più distratti o meno disposti a riconoscere la forza dei simboli nella ipersecolarizzata società moderna

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Funerali vaticani. Emeriti strabismi

L’addio a Benedetto XVI. L’ondata di commozione per la scomparsa del papa emerito avrà forse sorpreso gli osservatori più distratti o meno disposti a riconoscere la forza dei simboli nella ipersecolarizzata società moderna

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L’addio a Benedetto XVI. L’ondata di commozione per la scomparsa del papa emerito avrà forse sorpreso gli osservatori più distratti o meno disposti a riconoscere la forza dei simboli nella ipersecolarizzata società moderna

L’ondata di commozione per la scomparsa del papa emerito Benedetto XVI avrà forse sorpreso gli osservatori più distratti o meno disposti a riconoscere la forza dei simboli – religiosi e non solo – nella ipersecolarizzata società moderna. In special modo nei momenti più ricchi di incognite. Le infinite file di fedeli che hanno reso un ultimo omaggio a Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro, l’imponente folla in occasione dei funerali di ieri (con ormai immancabile richiesta di far Ratzinger “Santo subito”, emozione che si fa stanco rito), i capi di Stato o ex governanti, le teste coronate e i vip precipitatisi a Roma per le esequie rispondono a una molteplicità di esigenze. Da quelle sincere alle più prosaiche. Alcune puramente istintive, legate alla bimillenaria istituzione che – con tutti i suoi traumi, ferite e spasmi – resta pur sempre un punto di riferimento irrinunciabile per una consistente parte del nostro mondo. La Chiesa, oltretutto, ha il papa e la forza simbolica di questa figura continua a trascendere tempi e costumi. Se il papa, poi, è pure dimissionario per la prima volta dopo secoli, non ci si può proprio meravigliare di nulla.

Tutt’altra storia è osservare quei potenti che si sono diligentemente messi in fila (più o meno: in verità arrivano, sostano e vanno via) in San Pietro o si sono precipitati a Roma per i funerali di Benedetto XVI. Con le dovute eccezioni, sono un perfetto campionario, una fedelissima fotografia delle moderne società liberali. Non di rado con accenti libertari nella morale individuale: divorziati, risposati, conviventi, genitori fuori dal matrimonio e così andare. Nulla che riesca più a fare minimamente notizia, ma pur sempre – su quel sagrato e in quella basilica – un sonoro schiaffo alla morale cattolica. Quanto meno un palese ignorarla.

Mentre gli stessi atteggiamenti della Chiesa nei confronti di separati, divorziati e conviventi more uxorio sono radicalmente cambiati – se non altro per non veder ulteriormente spopolarsi chiese sempre meno frequentate – i precetti restano precetti e la morale della Chiesa è sempre la stessa, mutata nei toni ma non nella sostanza profonda. Non è più tempo di anatemi, che finirebbero per cadere mestamente nel vuoto, ma da laici non può sfuggirci lo strabismo fra leader politici pronti a lucrare elettoralmente sulla famiglia tradizionale e scelte personali diametralmente opposte.

È pur vero che con l’affermarsi dell’astro politico di Giorgia Meloni, convivente e mamma fuori dal matrimonio, certe esagerazioni moraliste da “destra” si sono diradate, ma è ancora valida la domanda su quale società siano andati a rappresentare in Vaticano la presidente del Consiglio e gli altri politici che sono accorsi per l’ultimo saluto al papa emerito. Perché nonostante l’assoluta secolarizzazione del Paese, il dibattito pubblico continua a essere influenzato da indicazioni e posizioni che si rifanno direttamente alla morale cattolica. Un tema di coerenza, insomma.

Così come, pur rifuggendo su queste pagine dalla semplificazione di un “derby” in Vaticano fra “conservatori” e “progressisti”, non ci piace passare per ingenui. La diffusione di un’intervista e delle anticipazioni della biografia del segretario particolare di Benedetto XVI, l’arcivescovo Georg Gänswein, a funerali neppure celebrati può essere considerata una banale coincidenza solo da chi creda ad asini volanti e oroscopi. Sulla messa in latino – solo uno spunto, all’evidenza – l’uomo più vicino a Benedetto XVI ha lanciato un attacco a freddo a papa Francesco e agli uomini a lui fedeli, consumando quella che potrebbe essere solo la prima di una serie di rivalse per essere stato allontanato senza troppi complimenti e ancor meno spiegazioni («Rimasi senza parole» ha fatto sapere ieri) dalla cerchia dei collaboratori più stretti di Francesco. Del resto, è stato sempre lui a non esitare a richiamare l’azione del demonio nei confronti di Benedetto. Il diavolo all’opera in Vaticano, mica poco.

Altro che conservatori e progressisti, qui volano stracci. Magari di porpora, ma pur sempre stracci.

Di Fulvio Giuliani

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