AUTORE: Nicola Sellitti
Da consigliere, una specie di Rasputin 2.0 al tavolo della potenziale tregua, a reietto nel Regno Unito. L’acciaio di Roman Abramovich è sospeso, congelato dalla Ue come conti correnti, partecipazioni e quel Chelsea che sino a fine stagione a stento può permettersi il costo di una trasferta per una gara di Premier League. Il giudizio morale è invece definitivo sull’oligarca che si è arricchito con le privatizzazioni selvagge in Russia. O almeno lo è quello di Boris Johnson, anche se le storie con il Regno Unito sono tese da qualche anno. Ovvero da quando Abramovich si è dovuto procurare una cittadinanza israeliana (è di origini ebraiche, ora le cittadinanze sono quattro) dopo il mancato rinnovo del visto inglese per il caso Sergej Skripal, ex spia russa avvelenata con gas nervino.
In attesa di una nuova puntata, in attesa che il buran passi e magari venda il Chelsea (ora non può) che ha provato a piazzare per tre miliardi di dollari prima della stangata Ue, il patron del club londinese può ritenersi comunque soddisfatto della sua storia. Che ultimamente è un po’ movimentata ed è girata in un paio di swing dopo la caduta del Muro, dopo la vendita di giocattoli e di sigarette al mercato nero. Mikhail Gorbacev avviava le privatizzazioni, lui veniva licenziato dalla ditta di giocattoli e dopo poco acquistava a prezzi ridotti alcune proprietà messe in vendita dallo Stato che hanno preparato il terreno alla passione per il petrolio che precede quella per i metalli. Nel 1995 ha poi acquistato per cento milioni di dollari – con un altro discusso milionario, Boris Berezovskij, amico di Eltsin – la maggioranza delle quote del gigante del petrolio Sibneft, su cui si è soffermato “The Guardian” qualche anno dopo e qualche dubbio sull’operazione è venuto anche al Kgb, che ha chiesto un’indagine alle autorità inglesi. Dopo Sibneft (venduta a Gazprom nel 2005 per 11,5 miliardi di dollari) è stato il turno di Aeroflot. Nel frattempo Putin si era preso il Cremlino.
A questo punto il conto in banca era a posto. Serviva un po’ di glamour, ed ecco la proprietà del Chelsea. Una sorta di assicurazione per la vita, come svela la biografia (non autorizzata dall’interessato) “Abramovich The Billionaire from Nowhere”, secondo cui il patron del Chelsea ha seguito la scia dell’ex socio Berezovskij (che lo ha poi portato davanti all’Alta Corte di Londra per un risarcimento milionario sull’affare Sibneft), che nel 2001 si è trasferito, con beni e affari, in Inghilterra. Roman ha eseguito il piano portandosi lontano da Putin e investendo sul Chelsea, tra Mourinho, Drogba, Lampard, quattro Premier League e due Champions League vinte. Lo ha imitato nella Nba qualche anno dopo un altro accolito di Putin, Mikhail Prokhorov, a Manhattan con i Brooklyn Nets, investendo milioni, vincendo nulla per poi cedere le quote al cinese Tsai. Dopo i trionfi, il paradosso: secondo “The Daily Telegraph” il suo Chelsea, campione d’Europa in carica, potrebbe addirittura essere retrocesso in seconda divisione inglese.
di Nicola Sellitti
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