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Maranza e far finta di non vederli

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Il problema dell’integrazione dei figli di immigrati nati qui da noi o comunque cresciuti in Italia, fra i nostri ragazzi, frequentando le nostre scuole, è uno dei banchi di prova più severi che ci attendono nei prossimi anni. Ce la caviamo identificando questi giovani come “maranza”

Maranza

Maranza e far finta di non vederli

Il problema dell’integrazione dei figli di immigrati nati qui da noi o comunque cresciuti in Italia, fra i nostri ragazzi, frequentando le nostre scuole, è uno dei banchi di prova più severi che ci attendono nei prossimi anni. Ce la caviamo identificando questi giovani come “maranza”

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Maranza e far finta di non vederli

Il problema dell’integrazione dei figli di immigrati nati qui da noi o comunque cresciuti in Italia, fra i nostri ragazzi, frequentando le nostre scuole, è uno dei banchi di prova più severi che ci attendono nei prossimi anni. Ce la caviamo identificando questi giovani come “maranza”

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Il problema dell’integrazione dei figli di immigrati nati qui da noi o comunque cresciuti in Italia, fra i nostri ragazzi, frequentando le nostre scuole, è uno dei banchi di prova più severi che ci attendono nei prossimi anni.

Il fenomeno ha gravi ripercussioni in termini di cronaca, basti pensare all’episodio emerso ieri a Milano con un ragazzino rapinato e in balia di un gruppo di coetanei per più di 20 minuti. Solo la punta di un iceberg, che sino ad oggi non abbiamo mostrato di saper affrontare e neppure comprendere.

Ce la caviamo identificando questi giovani come “maranza”

Ce la caviamo identificando questi giovani come “maranza” e con questa frettolosa e semplicistica immagine racchiudiamo un fenomeno complesso e ancora relativamente nuovo per il nostro Paese.

È curioso come gli ambienti più attenti alle aree di disagio sociale, davanti a questo fenomeno se ne stiano sostanzialmente zitti. Mentre agli stessi, se si tratta di difendere chi mena nascondendosi dietro le sigle dei centri sociali, l’entusiasmo non manca mai.

Così si regala senza fiatare alla destra – soprattutto a certa destra – l’argomento dell’integrazione ‘impossibile’ dei figli di immigrati e nella migliore delle ipotesi ci si allontana fischiettando.

È quello che sta accadendo: facendo finta di niente, rifiutando di osservare il problema e di denunciarne gli aspetti più pericolosi e gravi e rifiutando l’idea di dover intervenire anche con durezza, ha gioco facile chi non vede l’ora di risolvere tutto bollando senza alcuna distinzione questi ragazzi come delinquenti o potenzialmente tali.

Peggio ancora, identificando l’’immigrato’ e ancor più l’’arabo’ come un rischio per noi

Peggio ancora, identificando l’’immigrato’ e ancor più l’’arabo’ come un rischio per la nostra sicurezza, le nostre tradizioni, il nostro futuro e così via.

Il solito armamentario, che però non ha nulla a che vedere con il problema: molti di questi ragazzi si sentono sospesi in un limbo atroce, non più tunisini, marocchini, egiziani e così via e men che meno italiani. Non sanno chi sono e reagiscono in modi oggettivamente inquietanti. Solo chi vuole nutrirsi di ipocrisia e se ne tiene comunque a debita distanza può far finta che non sia un problema enorme.

Se non li integriamo sul serio, se non li facciamo sentire parte del nostro Paese e non degli stranieri o peggio dei senza patria avremo solo un problema d’ordine pubblico: rischi, violenza, amarezza e paure che sono il carburante prediletto di chi sulle paure ci specula e ci costruisce carriere e narrazioni politiche.

Mentre a sinistra si fa finta che il problema non esista o che sia inventato dagli ‘altri’. Cioè quelli che poi con la realtà della mancata integrazione ci vincono le elezioni e pregano ogni giorno che la sinistra continui a stracciarsi le vesti per i centri sociali e si dimentichi dei ‘maranza’.

di Fulvio Giuliani

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