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Criminalità, problemi (veri) e influencer

Prima di aggredire verbalmente il povero scrivano, tiriamo il fiato: che ci sia un tema di micro criminalità diffusa a Milano è un dato di fatto

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Criminalità, problemi (veri) e influencer

Prima di aggredire verbalmente il povero scrivano, tiriamo il fiato: che ci sia un tema di micro criminalità diffusa a Milano è un dato di fatto

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Criminalità, problemi (veri) e influencer

Prima di aggredire verbalmente il povero scrivano, tiriamo il fiato: che ci sia un tema di micro criminalità diffusa a Milano è un dato di fatto

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Prima di aggredire verbalmente il povero scrivano, tiriamo il fiato: che ci sia un tema di micro criminalità diffusa a Milano è un dato di fatto

Qualcuno mi salterà alla giugulare… pazienza. Perché non scriviamo per lisciare il pelo di nessuno né per darci alla prima (o ultima) moda social. Come quella di definire, in particolar modo se si è (o si ritiene di essere) degli “influencer”, Milano la nuova frontiera delle città violente.

Non farò i nomi dei più recenti protagonisti social e del mondo Tv che si sono lanciati in furibonde e non molto pensose riflessioni sull’impossibilità di vivere nel capoluogo lombardo, senza essere vessati dalla criminalità.

Prima di aggredire verbalmente il povero scrivano, tiriamo il fiato: che ci sia un tema di micro criminalità diffusa a Milano è un dato di fatto. Che esista il rischio del furto delle gomme della propria automobile, di una brutta esperienza con qualche balordo o che in metropolitana qualcuno provi a infilare le mani nel proprio zaino nessuno sano di mente oserebbe negarlo. Che Milano detenga il record di denunce in Italia, seguita da Roma e Firenze pure (magari ricordiamo che il numero di denunce è anche un sintomo di senso civico, si pensi a Rimini nella top ten per quest’ultimo aspetto e la grande incidenza della micro criminalità legata ai flussi turistici estivi).

Che tutto questo costituisca la normalità quotidiana, che centinaia di persone si trovino la mattina l’automobile poggiata sui mattoni o che migliaia vengano inseguite, rapinate, malmenate o semplicemente offese è tutta un’altra faccenda. Falsa.

Raccontare così, solo sulla base della propria, l’esperienza quotidiana di un’intera comunità di 1.300.000 persone è intellettualmente disonesto. Siamo arrivati al ridicolo di un influencer che si è lamentato nell’immancabile video delle occhiate malevole ricevute in strada, scrivendo di una Milano ormai invivibile. In che senso? Sul serio? Questo è il modo in cui si affrontano i problemi reali e si mette mano ad aree come quella della Stazione centrale o dei quartieri lasciati a un’immigrazione disordinata (citerò alcune traverse di via Padova, giusto per fare un esempio) pensando di fare qualcosa di utile?

Io all’epoca ero un ragazzino e vivevo a Napoli, ma come avremmo raccontato sui social gli allucinanti sabati di violenza che si susseguivano con spaventosa regolarità a cavallo fra gli anni ‘70 e ‘80 in zona San Babila? Si dirà: “Epperò, quella era violenza politica“. Che figata, allora sì che ci si menava e si rischiava la pelle per un motivo alto e nobile!

Affrontiamoli i problemi, invece di urlarli a vantaggio di camera dello smartphone o di qualche punto nei sondaggi. Ognuno per la sua parte, ognuno per le sue responsabilità, dagli amministratori ai politici, dai responsabili delle forze dell’ordine ai cittadini.

Parliamo di cose concrete, come per esempio un mercato immobiliare che sembra fatto apposta per respingere giovani e giovani coppie dalla città più dinamica d’Italia. Questo dovrebbe terrorizzare dieci volte più del furto di quattro pneumatici. Con il dovuto rispetto.

di Fulvio Giuliani

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