Il Papa americano che parla in spagnolo e lancia ponti
Primo Papa statunitense della storia, Robert Francis Prevost ha scelto un nome di continuità storica ma caduto in disuso per oltre 120 anni: Leone XIV

Il Papa americano che parla in spagnolo e lancia ponti
Primo Papa statunitense della storia, Robert Francis Prevost ha scelto un nome di continuità storica ma caduto in disuso per oltre 120 anni: Leone XIV
Il Papa americano che parla in spagnolo e lancia ponti
Primo Papa statunitense della storia, Robert Francis Prevost ha scelto un nome di continuità storica ma caduto in disuso per oltre 120 anni: Leone XIV
Primo Papa statunitense della storia, Robert Francis Prevost ha scelto un nome di continuità storica ma caduto in disuso per oltre 120 anni: Leone XIV.
Affacciandosi dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, il nuovo pontefice ha però subito parlato al mondo di oggi. Alle lacerazioni dei nostri giorni, alle ferite che fanno vacillare il globo.
Non ha avuto il naturale trasporto popolare di Papa Francesco, nessun “buonasera” o “pregate per me”, ma una parola ripetuta ossessivamente: pace, definita “disarmata e disarmante”. E poi: “ponti”, richiamati per ben due volte. Una sorta di manifesto programmatico di un papato, racchiuso nei pochi minuti di prima presentazione al mondo.
Ha parlato in italiano e in spagnolo, la lingua dei suoi anni da missionario in Perù. Ha scelto di non parlare in inglese, sua lingua madre.
Le grandi questioni di carattere morale o più squisitamente legate alla dottrina sono lontane dalla nostra competenza e soprattutto attengono ad una sfera che parla alla fede o alla coscienza di ciascuno. Ciò detto, è indiscutibile che su una serie di capitoli l’eredità di Papa Francesco sarà difficile da gestire. A cominciare dagli interventi che nel sentire comune sono stati vissuti come “aperture” – si pensi a quelle nei confronti di divorziati e omosessuali – su cui all’atto pratico Jorge Bergoglio non è riuscito o non ha voluto dar seguito alle dichiarazioni di principio.
Sta di fatto che la disponibilità così amata dal mondo laico non ha avuto una reale corrispondenza e oggi è un’eredità complessa e scivolosa per Leone XIV.
Più in generale, Papa Prevost è atteso al varco quanto al linguaggio e ai messaggi che non saranno affidati alle parole. Cosa resterà della “chiesa povera e dei poveri” così cara a Francesco? Vivere nel residence Santa Marta, l’ormai abusata storia delle scarpe, il crocifisso semplice e così via sono tutti elementi che pesano, scelte che Leone XIV sarà chiamato a compiere in tempi brevi o brevissimi, finendo sotto la lente di ingrandimento di una pubblica opinione nella sua stragrande maggioranza secolarizzata fino al midollo e desiderosa di avere a che fare con un Papa francescano – nel senso dello stile di Francesco – e ben poco disposta a un ritorno a forme più tradizionali.
Quanto alle scelte di carattere politico, nella guerra in Ucraina il Vaticano ha tentato la carta dell’attivismo, pur consapevole della quasi impossibilità della missione. Cosa accadrà adesso? C’è poi il tema delicatissimo dei rapporti con la Cina, uno dei sogni infranti di Papa Bergoglio. Sarà complesso dialogare con la Casa Bianca di Donald Trump, perché quest’ultimo può accogliere con prevedibile entusiasmo il connazionale fatto Papa ma le distanze restano profonde come mai. La sua resta l’amministrazione delle deportazioni e dell’uso disinvolto della fede e di Dio in politica.
A valle dei riti secolari trasformati in happening mediatici, restano le opportunità che è interesse di tutti vengano colte.
di Fulvio Giuliani
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- Tag: papa, PapaLeoneXIV
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