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Giulio Regeni testimone

Processo per la morte di Regeni, un testimone: “In carcere ho visto Giulio bendato, sfinito e torturato con scosse elettriche”

Nuove – e sconcertanti – rivelazioni arrivano dal processo per la morte di Giulio Regeni. Le dichiarazioni di un testimone

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Processo per la morte di Regeni, un testimone: “In carcere ho visto Giulio bendato, sfinito e torturato con scosse elettriche”

Nuove – e sconcertanti – rivelazioni arrivano dal processo per la morte di Giulio Regeni. Le dichiarazioni di un testimone

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Processo per la morte di Regeni, un testimone: “In carcere ho visto Giulio bendato, sfinito e torturato con scosse elettriche”

Nuove – e sconcertanti – rivelazioni arrivano dal processo per la morte di Giulio Regeni. Le dichiarazioni di un testimone

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Nuove – e sconcertanti – rivelazioni arrivano dal processo per la morte di Giulio Regeni. Le dichiarazioni di un testimone

Nuove – e sconcertanti – rivelazioni arrivano dal processo per la morte di Giulio Regeni. Un testimone, un cittadino palestinese che è stato detenuto in una struttura degli apparati egiziani, ha dichiarato: “Giulio Regeni era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. L’ho rivisto che usciva dall’interrogatorio, sfinito dalla tortura. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla. Lo stavano riportando alle celle”. Il testimone ha rilasciato tali dichiarazioni in un video tratto da un documentario – mandato in onda da Al Jazeera – che è proiettato oggi in aula (durante il processo) ai quattro 007 egiziani indagati per la morte del ricercatore italiano.

“(Giulio Regeni, ndr.) Non era nudo, indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca – prosegue nell’intervista l’ex detenuto – Ho visto un altro detenuto con segni di tortura sulla schiena. I carcerieri insistevano molto con la domanda ‘Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio’”. E aggiunge: “Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente”.

Il testimone racconta che, oltre ai carcerieri, “c’erano gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, un dottore specializzato in psicologia. Non c’era nessun contatto con il mondo esterno: la sensazione era quella di stare in un sepolcro. Sono stato sequestrato, detenuto e poi liberato senza un perché”.

di Filippo Messina

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