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Selfie di una certa Italia

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Le sconcertanti richieste di selfie a Maria De Filippi nella camera ardente di Maurizio Costanzo, morto da pochi giorni
Maria De Filippi

Selfie di una certa Italia

Le sconcertanti richieste di selfie a Maria De Filippi nella camera ardente di Maurizio Costanzo, morto da pochi giorni
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Selfie di una certa Italia

Le sconcertanti richieste di selfie a Maria De Filippi nella camera ardente di Maurizio Costanzo, morto da pochi giorni
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Come si fa? Sembra un episodio minimo, tutto sommato insignificante, figlio dei tempi. Eppure, dietro quell’orrido selfie chiesto a Maria De Filippi, vedova di Maurizio Costanzo, nella camera ardente del marito allestita in Campidoglio c’è un universo di indifferenza. Non basta, allora, chiedersi: “come si fa?“. Un po’ perché le risposte le conosciamo già, un po’ perché a queste non possiamo rassegnarci. Abituarci, piegarci alla vacuità di gesti e consuetudini. Ne abbiamo scritto ieri, soffermandoci sulla volgarità dilagante, sulla voglia e il bisogno di avere costantemente un obiettivo nel mirino, qualcuno da offendere, dileggiare, insultare per segnalare la propria esistenza. Per dire a se stessi di essere vivi. Quel selfie è un’altra faccia della stessa medaglia, apparentemente innocente, ma invadente sino alla violenza. Un mondo in cui non si va a rendere omaggio a una persona appena scomparsa, ma ci si mette pazientemente in fila a una camera ardente ben sapendo che si potranno incrociare dei volti noti, dei “Vip”. Buoni per una bella storia Instagram, un post e una manciata di like. Questo conta, il resto è fastidioso orpello. Pazienza che per un selfie surreale si metta in grave imbarazzo una persona – qualunque persona – quando dovrebbe essere solo confortata e lasciata in pace. Che volete che importi, davanti al selfie di una vita, al racconto che se ne farà? Le cose non accadono quasi mai da sole o per caso, quello del Campidoglio è lo stesso Paese in cui due ragazzine, per pura invidia e noia, non si accontentano di sparlare della compagna di classe troppo brava e magari troppo carina. No, le tendono un agguato forbici alla mano per farle del male, magari ucciderla. Lo fanno con assoluta naturalezza e indifferenza per le conseguenze. Non vengono da famiglie disagiate, non sono il frutto del degrado, sono il frutto di un’educazione che se n’è andata a ramengo, di un mondo in cui da quando sono nate – loro, come la ragazza del selfie – hanno solo sentito parlar male di chiunque abbia fatto qualcosa di buono. Si sono sentite ripetere che il successo e il merito sono una colpa e la competizione sana un imbroglio. Che in TikTok e Instagram si possono fare i soldi e la vita è lì, fra imbarazzanti imitazioni di quart’ordine della vita dei ricchi e famosi. È tutto un selfie a una certa Italia. Di Fulvio Giuliani

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