Sul naufragio del Bayesian, parla Andrea Fantini
Sul Bayesian l’imprudenza ha incontrato la sfortuna: ne parliamo con Andrea Fantini, un “vecchio lupo di mare
Sul naufragio del Bayesian, parla Andrea Fantini
Sul Bayesian l’imprudenza ha incontrato la sfortuna: ne parliamo con Andrea Fantini, un “vecchio lupo di mare
Sul naufragio del Bayesian, parla Andrea Fantini
Sul Bayesian l’imprudenza ha incontrato la sfortuna: ne parliamo con Andrea Fantini, un “vecchio lupo di mare
Sul Bayesian l’imprudenza ha incontrato la sfortuna: ne parliamo con Andrea Fantini, un “vecchio lupo di mare
Classe 1982, nonostante abbia poco più di 40 anni Andrea Fantini è quello che potremmo definire un vecchio lupo di mare. Da più di vent’anni la sua vita è l’acqua, dove trascorre la maggior parte del tempo. La prima delle sue numerose traversate oceaniche risale al lontano 2006. «Quasi tutte dentro le tempeste, perché l’oceano è questo» racconta. Avventure straordinarie, non per tutti e per le quali ci si prepara sulla terra ferma anche per anni «perché bisogna saper poter affrontare i piccoli come i grandi imprevisti». Come quella volta che le orche fecero un sol boccone del timone oppure quando il suo scafo – al largo di Ushuaia, capoluogo della Terra del Fuoco – venne colpito duramente da una balena.
Negli anni ha fatto parte dell’equipaggio capitanato da Giovanni Soldini e ricevuto diversi premi per le sue imprese. Insomma, di barche ne capisce. Soprattutto di barche come quella appena affondata a Palermo in circostanze davvero incredibili: «Non ho mai navigato con il “Bayesian”, ma conosco bene quell’imbarcazione anche perché lo scorso inverno era ormeggiata proprio davanti alla mia. Stavano facendo manutenzione ed è vero che vantava l’albero più alto del mondo, anche se mi sento di poter affermare con quasi assoluta certezza che questo elemento non abbia influito minimamente sul naufragio».
Quindi cosa può aver contribuito ad affondare il “Bayesian”? «Vista la velocità con cui lo yacht è andato a picco, è plausibile che abbia imbarcato acqua e anche in fretta. Di solito queste barche hanno a poppa portelloni apribili, ampi anche 10 metri, al cui interno vengono custoditi tender a motore e moto d’acqua. È probabile che qualcosa sia rimasto aperto e che l’imbarcazione abbia inghiottito centinaia di litri d’acqua in poco tempo spinti dal vento. Una tromba d’aria è un evento che non si può prevedere, che arriva in pochi secondi. Di sicuro però ci sono stati degli errori umani: sottostimare il fattore meteo è uno di questi. Certo, il capitano non poteva immaginare che sarebbero stati investiti in pieno da una tromba d’aria di quella forza. Personalmente quando mi capita una grande zona di instabilità meteo e ho ospiti a bordo, non ho dubbi: resto in porto. Il nostro compito di skipper è quello di cercare di ridurre a zero qualsiasi possibile rischio. Vivo a Palma di Maiorca, alle Baleari, investite di recente da una brutta mareggiata. Ovviamente noi del mestiere sapevamo già da un pezzo che sarebbe arrivata. Piuttosto come mai, come ho letto, sul “Bayesian” non c’era nessun officer of the watch? In queste navi dev’esserci sempre qualcuno sul ponte preposto all’osservazione del mare e del cielo, notte e giorno».
Vi è poi la questione della deriva. Barche a vela come queste hanno sotto lo scafo questo elemento, utile ad aumentare la loro stabilità e controbilanciare l’albero. La deriva è retraibile per poter navigare nei bassi fondali. Nel caso del “Bayesian” pare fosse stata parzialmente ritratta senza che ce ne fosse stato un reale bisogno, visto che si trovava in una zona con più di 50 metri di profondità. Per Fantini questa circostanza può aver influito, non da sola naturalmente: «Queste barche possono fare tutto quello che vogliono anche con la deriva liftata. Sono progettate da fior di ingegneri. Questo fattore non può aver fatto affondare da solo il “Bayesian”, ma come sempre accade in queste tragedie sono entrate in gioco una serie di concause».
Senza voler entrare nel merito di questa terribile tragedia, in base alla sua lunga esperienza lo skipper prova a spiegare anche alcune dinamiche a bordo che definisce «complicatissime. I maxi yacht sono un giocattolo molto costoso. Abbiamo un proprietario milionario che vi sale mediamente un mese l’anno, un lasso di tempo in cui tutto dev’essere perfetto. Difficilmente hanno molta esperienza di vela e alle volte capita che pretendano dagli skipper cose che sarebbe meglio evitare». Se è vero che nonostante le condizioni meteo quella sera venne dato un party sul “Bayesian”, qualcuno forse avrebbe dovuto puntare i piedi e negare il permesso. Sempre che un permesso sia stato mai chiesto».
di Ilaria Cuzzolin
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Tag: cronaca, intervista
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