Teatrino vaticano
Tutto si spettacolarizza, anche il sacro. Politici, giornalisti, intellettuali laici, osservino, facciano capire, ma evitino il ‘teatrino del Conclave’

Teatrino vaticano
Tutto si spettacolarizza, anche il sacro. Politici, giornalisti, intellettuali laici, osservino, facciano capire, ma evitino il ‘teatrino del Conclave’
Teatrino vaticano
Tutto si spettacolarizza, anche il sacro. Politici, giornalisti, intellettuali laici, osservino, facciano capire, ma evitino il ‘teatrino del Conclave’
Teatrino vaticano. Una delle cose geniali di “Habemus Papam” di Nanni Moretti, film del 2011 a cui tutti stiamo ripensando in questi giorni, è contenuta nella scena in cui lo psicanalista Moretti spiega ai cardinali riuniti in Conclave le quotazioni dei bookmaker sul futuro pontefice, solleticando la vanità dei papabili: «Pescardona, Pescardona… Ma lei era quotato sette a uno!». «E com’è, buono?». «Certo, il Santo Padre era quotato novanta a uno!». Il regista romano colse l’enorme novità dell’elezione del successore di Pietro nell’era della comunicazione globale, anche se siamo un po’ prima del grande avvento dei social.
Quattordici anni dopo la contraddizione fra l’antichissima ritualità vaticana e lo strapotere mediatico è ancora più stridente. E già lo vediamo. Frotte di giornalisti e telecamere all’inseguimento del malcapitato cardinale che viene magari «dalla fine del mondo» (ma forse fra di loro c’è anche chi ci prova gusto). Come se fosse un Consiglio nazionale della Dc o un vecchio vertice dell’Ulivo: «Eminenza, eminenza, che ne pensa, quanto durerà il Conclave?» urlano i giovani cronisti a caccia della ‘battuta’ da portare in redazione perché qualcuno la infili nel servizio ‘carino’. Si va a caccia del cardinale nei ristorantini vicino San Pietro. Hanno beccato l’ingenuo cardinale che ha ripulito il frigo bar pensando fosse gratis. Viene da ridere ma sale anche un senso di pena.
Queste scene degli ‘inseguimenti’ per strappare tre parole sono già ridicole per i politici – conosciamo bene le regole del ‘teatrino della politica’ – figuriamoci poi per i porporati. Tutto si spettacolarizza, anche il sacro; si misura l’audience dei funerali di Bergoglio e il loro impatto sulle altre trasmissioni. Impazza sui giornali il ‘totopapa’, affidato spesso a colleghi che nulla sanno di questioni delicatissime e per tanti aspetti imperscrutabili come queste. E infatti i vaticanisti veri e seri cercano di capire e di spiegare senza cedere al rito del giochino su “chi sale chi scende”. C’è stato un giornalista molto importante, ex direttore di un grande quotidiano, che si è chiesto se i cardinali «seguiranno Bergoglio o Trump»: ma si può?
Poi ci sono gli articoli sulle ‘cordate’ (più presunte che reali) che potrebbero prevalere sulle altre come se si stesse parlando delle primarie del Pd. Con il presunto match fra Parolin e Zuppi al posto di quello, molto meno spirituale, fra Elly Schlein e Stefano Bonaccini. A proposito di Pd. Soprattutto da quelle parti alligna questa brutta abitudine a dividere il mondo in buoni e cattivi. E quindi a fare il tifo senza comprendere che in questa vicenda le cose sono molto più complesse del giochetto (che in fondo è sempre lo stesso) della politica politicante, per cui Bergoglio a momenti era un ‘compagno’ e Zuppi il suo erede.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio. Per favore, lasciate che il nuovo papa faccia il papa e non chiedetegli di ‘ispirare’ chissà quali nuove alchimie partitiche. Servirebbero più sobrietà (non quella stolidamente evocata dal ministro Musumeci per le celebrazioni del 25 aprile). E il giusto distacco laico per un passaggio che pochi, pochissimi riescono davvero a decifrare. I cattolici attendono la grande decisione con naturale partecipazione; gli altri (politici, giornalisti, intellettuali laici) osservino, facciano capire, ma evitino il ‘teatrino del Conclave’. Grazie.
Di Mario Lavia
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