Tragedia Marmolada: tra climate change, responsabilità e futuro
Tragedia Marmolada: tra climate change, responsabilità e futuro
Tragedia Marmolada: tra climate change, responsabilità e futuro
La tragedia della Marmolada ha lasciato un intero Paese senza parole. Uno scenario di morte e sofferenza, in uno dei luoghi più belli al mondo, un gioiello naturalistico difficile anche da descrivere. Meta, per tutto questo, di un incessante pellegrinaggio di turisti-escursionisti. Le fragilità del ghiacciaio perenne della Marmolada sono arcinote, l’estensione continua a ridursi da anni per effetto dell’innalzamento delle temperature e più in generale del fenomeno che riassumiamo parlando di “cambiamenti climatici”. È stucchevole e irrispettoso, davanti a tante vite perse, qualsiasi dibattito polemico sulla percentuale di responsabilità dell’uomo in tutto ciò e su quanto il fenomeno stia accelerando sotto i nostri occhi. Si troverà sempre qualcuno disposto a negare il problema o a chiedere di procrastinare i necessari interventi: è nella natura umana.
Viviamo nell’unione economica e istituzionale di gran lunga più attenta e sensibile al tema a livello planetario, titolare di un ambizioso piano di contenimento delle emissioni inquinanti in atmosfera che da qui a pochi anni cambierà radicalmente le nostre abitudini quotidiane. Il New Green Deal dell’Unione europea non è un capriccio propagandistico: è un impegno formidabile e una gigantesca opportunità economica, peraltro realizzabile solo in un quadro di soluzioni globali. Nessuno si salva da solo. Abbiamo ripetutamente scritto della transizione a una mobilità elettrica che nel giro di pochi lustri muterà la natura dell’industria automobilistica europea.
Sappiamo di dover fare, dunque, ma la realtà degli ultimi mesi ha posto tutti noi davanti all’impensabile. La guerra d’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina ha provocato una ferita profondissima nella carne viva d’Europa e imposto politiche d’emergenza a tutti i Paesi dell’Unione, in particolare alle grandi potenze industriali come la Germania o l’Italia. È evidente che la scelta tedesca di riattivare le centrali a carbone, un esempio per tutti, costituisca una battuta d’arresto nel processo di transizione ecologica. Quanto a noi, vale sempre la pena ricordare che non ci stiamo apprestando a sostituire Mosca con dei campioni riconosciuti di democrazia e rispetto dei diritti umani, ma molto più prosaicamente con i governi dei Paesi che hanno la fortuna di disporre di ingenti riserve di gas naturale e petrolio. Stiamo provando a correre ai ripari come si può e limitando i danni.
In un quadro del genere, a meno di non voler essere irrealisti, i temi ambientale e della transizione ecologica non possono che venire subito dopo l’esigenza di garantire approvvigionamento energetico alle famiglie e al comparto produttivo. Questo non significa dimenticare il ghiacciaio della Marmolada e lasciare semplicemente che sparisca al ritmo forsennato denunciato dagli scienziati, ma essere onesti e ricordare che problemi di questa portata non prevedono soluzioni miracolistiche e che esisterà sempre una scala di priorità. Nessuno sarebbe così stupido da dimenticare l’ambiente, ma sarebbe altrettanto pericoloso far finta che Putin non rappresenti un rischio vitale e immediato per le nostre democrazie. Non un dettaglio, è come se la strada già tortuosa si fosse fatta molto più stretta.
Abbracciando idealmente ciascuna famiglia colpita dal terribile lutto di domenica e con profondo rispetto, infine, non possiamo sorvolare su un aspetto cruciale: la natura – la montagna nello specifico – non è controllabile. Non del tutto, almeno. Quello che dobbiamo fare è elevare al massimo la soglia di prudenza, sfruttando l’enorme bagaglio di conoscenze tecnico-scientifiche a nostra disposizione. Con queste temperature, dopo l’inverno scarso di precipitazioni nevose, i ghiacciai perenni diventano inevitabilmente molto più rischiosi. A dirlo non siamo noi ma il re degli ottomila Reinhold Messner. Non si può andare in qualsiasi condizione e ovunque. Vale in montagna, come in mare. Ci prepariamo, come scritto, a cambiare tantissime nostre abitudini per contenere i danni del climate change, non possiamo pretendere di continuare a comportarci nel nostro quotidiano come se nulla fosse.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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