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Accordo raggiunto tra Piemonte e Lindt

Il Piemonte avrà il riconoscimento Igp per il suo gianduiotto: è ufficialmente terminata la guerra al cioccolato con il colosso Lindt

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Accordo raggiunto tra Piemonte e Lindt

Il Piemonte avrà il riconoscimento Igp per il suo gianduiotto: è ufficialmente terminata la guerra al cioccolato con il colosso Lindt

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Il Piemonte avrà il riconoscimento Igp per il suo gianduiotto: è ufficialmente terminata la guerra al cioccolato con il colosso Lindt

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Il Piemonte avrà il riconoscimento Igp per il suo gianduiotto: è ufficialmente terminata la guerra al cioccolato con il colosso Lindt

A ognuno il suo gianduiotto. Torino e la regione Piemonte avranno il riconoscimento del marchio Igp (Indicazione geografica protetta), la multinazionale svizzera Lindt potrà continuare a produrre i cioccolatini in questione senza dover ritoccare la ricetta industriale ‘impoverita’ rispetto alla tradizione (cioè con meno nocciole e con latte in polvere).

È il risultato dell’accordo tacitamente siglato in questi giorni fra le parti in causa, dopo mesi di diatribe legali sul dolcetto a forma di prisma che ricorda una pepita e non soltanto per l’involucro in alluminio dorato: secondo il comitato promotore dell’iniziativa «oggi il mercato del gianduiotto vale oltre 200 milioni di euro l’anno». Ed è forse questo, più della mera questione di prestigio, ad aver spinto 40 cioccolatieri piemontesi a muoversi contro un colosso come Lindt.

Ma come si è arrivati dal quartiere San Donato – dove il gianduiotto fu inventato nel 1865 – fino alle porte di Kilchberg, nel Canton Zurigo, dove ha sede una delle dieci chocoladefabriken più potenti del mondo? Sono gli strascichi di un’incorporazione aziendale a più strati e a cavallo di tre secoli.

L’intuizione originaria si deve al maestro cioccolatiere Michele Prochet, che per far fronte alla penuria di cacao durante il Risorgimento pensò di diluirlo con le nocciole da sempre abbondanti nella zona. All’epoca la sua piccola società era stata rilevata dalla più solida Caffarel – nota fino a metà Novecento come Caffarel-Prochet – che da allora continuò a rivendicare la paternità del cioccolatino. Ancora oggi sulle confezioni si legge la dicitura «Gianduia 1865. L’autentico gianduiotto di Torino». Con tanto di marchio registrato.

Questo slogan, unito all’acquisizione di Caffarel da parte di Lindt & Sprüngli nel 1997, è al centro della contestazione aperta dagli enti locali. «Il riconoscimento Igp non è un logo commerciale, ma uno strumento per garantire che questa eccellenza dolciaria sia patrimonio comune di tutto il Piemonte e dei cioccolatieri che vorranno seguire la ricetta autentica» ha spiegato il presidente della Regione Alberto Cirio.

La preoccupazione di Lindt era di conseguenza quella di veder meno il proprio marchio sui cioccolatini. E, a riprova del forte legame col territorio, ha spiegato che il gianduiotto Caffarel viene fuso tuttora nello stabilimento originario di Luserna San Giovanni (Torino). Serviva dunque una sintesi. Si è trovata con la formulazione di un rigoroso disciplinare di produzione: il gianduiotto Igp dovrà contenere almeno il 30% di nocciole e in nessun caso latte in polvere; la Lindt-Caffarel invece non sarà tenuta a rivedere la propria ricetta e continuerà a utilizzare il proprio marchio a fini commerciali (senza però avvalersi della certificazione Igp).

Ora si attende il via libera del Ministero dell’Agricoltura, cui seguirà il placet definitivo della Commissione europea. Poi, di questa storia, resterà una moderna verità: l’etichetta vale quanto il cacao.

di Francesco Gottardi

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