Borghesia cercasi. Ceto medio inesistente o nascosto
Il viceministro dell’Economia propone di far scendere il carico fiscale dalle spalle del ceto medio, ma in quella categoria si trova appena il 5% dei dichiaranti, che versano più del 40% de gettito complessivo
Borghesia cercasi. Ceto medio inesistente o nascosto
Il viceministro dell’Economia propone di far scendere il carico fiscale dalle spalle del ceto medio, ma in quella categoria si trova appena il 5% dei dichiaranti, che versano più del 40% de gettito complessivo
Borghesia cercasi. Ceto medio inesistente o nascosto
Il viceministro dell’Economia propone di far scendere il carico fiscale dalle spalle del ceto medio, ma in quella categoria si trova appena il 5% dei dichiaranti, che versano più del 40% de gettito complessivo
Il viceministro dell’Economia propone di far scendere il carico fiscale dalle spalle del ceto medio, ma in quella categoria si trova appena il 5% dei dichiaranti, che versano più del 40% de gettito complessivo
Far scendere il carico fiscale dal groppone del ceto medio. Nobile intento ribadito da Maurizio Leo, viceministro all’Economia, che si propone di farlo usando la delega fiscale. C’è un problema: il ceto medio non esiste e se esiste non è quello cui si promette quello sgravio. Il tema non è soltanto fiscale, ma generale. Cos’è il ceto medio? Siamo, o dovremmo essere, noi borghesi. Un tempo era definizione vituperata, oggi dimenticata. Noi borghesi siamo quelli che con l’ingresso in massa nei borghi si perse l’essere contadini, senza per questo divenire feudatari o nobili per discendenza. I nostri valori d’impegno e merito ci sono valsi gli insulti dei fanatizzati dalle ideologie: avevamo contro i pregiudizi della destra di sangue e suolo, perché tenevamo al lavoro più che al partecipare alle parate e alle risse; avevamo contro quelli della sinistra, perché dicevano che i nostri valori fossero decadenti e il nostro cuore a salvadanaio. Forse non avevano tutti i torti, visto che li abbiamo mantenuti entrambi. Giorgio Gaber, che fu un borghese cantore della borghesia, lo mise in musica: «I borghesi son tutti dei porci». Noi borghesi siamo artigiani, professionisti, bottegai, poeti e via andando; siamo un insieme eterogeneo, ma con in comune il vivere del nostro lavoro. E il pagare le imposte in ragione del nostro reddito. Ed è qui che non possono farci lo sconto, perché siamo scomparsi.
In una società moderna il ceto medio è il ceto generale, nel senso che siamo tutti ceto medio e tutti borghesi, compresi gli agricoltori che, non a caso, non si chiamano più contadini, se non fra amici. Fuori dal ceto medio e generale ci sono i poveri, quelli che non sono in grado di mantenersi, e i ricchi, ovvero quelli che sono largamente sopra la media dei redditi, senza per questo essere latifondisti o portare «li beli braghi bianchi». Ed è qui che i conti non tornano più. Anzi, non ci siamo più.
Dice Leo che con un’aliquota Irpef al 43%, contando le addizionali, il presunto ceto medio arriva a pagare più del 50% del proprio reddito. Giusto, aggiungerei «molto di più» e che essere in quella fascia significa perdere il diritto a qualsiasi agevolazione. Ma se, per alleviare tale afflizione, si pensa di far scendere l’aliquota per chi guadagna più di 50mila euro lordi l’anno, allora stiamo parlando di un’Italia che non c’è. Perché il 56% di quanti presentando una dichiarazione dei redditi denunciano un reddito inferiore ai 20mila euro, generando il 7% del gettito totale. Difficile fare uno sconto a chi già non paga. Sopra i 50mila euro lordi l’anno, ovvero quelli cui si vorrebbe far scendere il carico fiscale, si trova appena il 5% dei dichiaranti, che versano più del 40% del gettito complessivo. Il 5% non è una classe media, perché sia come numero di dichiaranti che come livelli reddituali la media è altrove. In quel 5% è compreso un 1,39% che, dichiarando più di 100mila euro lordi, genera da solo più del 22% del gettito. Se quelli alla media sono il ceto medio, questi sarebbero gli straricconi. Considerato il contributo che danno, tenuto conto che sono i soli che versano più di quanto costano, bisognerebbe lanciare una campagna: “Abbraccia un ricco”. Per gratitudine. Il problema è riuscire a trovarlo, anche se – a giudicare da quel che vedo parcheggiato e ormeggiato – dovrebbero essere più numerosi di quella sparuta minoranza cui dedicare un’oasi protetta, per evitarne l’estinzione.
Questi numeri dicono che il ceto medio è scomparso e che i borghesi si sono proletarizzati, peraltro smettendo di generare prole. Oppure dicono un’altra cosa: è una fotografia falsa. Taroccata dall’evasione fiscale e adulterata da una esagerazione progressiva che induce a rifiutare aumenti di reddito, preferendo ed essendo economicamente più conveniente dedicare qualche ora in più alla palestra piuttosto che al lavoro. E il sudore senza produzione è il paradosso di una società ricca abitata da poveri. Più che le aliquote va cambiato il dagherrotipo fiscale.
Di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche