Meloni, il reddito di cittadinanza e l’opposizione pentastellata
Cosa farà il governo Meloni con il reddito di cittadinanza lo sappiamo già. Così come sappiamo quale sarà la reazione del Movimento 5 stelle e del suo leader Conte, paladino di una misura che non ha eliminato la povertà e ha aumentato il debito.
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Meloni, il reddito di cittadinanza e l’opposizione pentastellata
Cosa farà il governo Meloni con il reddito di cittadinanza lo sappiamo già. Così come sappiamo quale sarà la reazione del Movimento 5 stelle e del suo leader Conte, paladino di una misura che non ha eliminato la povertà e ha aumentato il debito.
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Meloni, il reddito di cittadinanza e l’opposizione pentastellata
Cosa farà il governo Meloni con il reddito di cittadinanza lo sappiamo già. Così come sappiamo quale sarà la reazione del Movimento 5 stelle e del suo leader Conte, paladino di una misura che non ha eliminato la povertà e ha aumentato il debito.
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Cosa farà il governo Meloni con il reddito di cittadinanza lo sappiamo già. Così come sappiamo quale sarà la reazione del Movimento 5 stelle e del suo leader Conte, paladino di una misura che non ha eliminato la povertà e ha aumentato il debito.
Che cosa farà il neo-governo Meloni con il Reddito di cittadinanza lo sappiamo già: lo cambierà lasciandolo solo a chi ne ha davvero bisogno, mentre chi è in condizioni di lavorare si vedrà togliere il sussidio mensile. Che cosa farà l’opposizione e in particolare quella dell’ex presidente del Consiglio che la misura varò (con i suoi vice del tempo Luigi Di Maio e Matteo Salvini, tanto per rammentare la singolarità di questa storiella) lo si può facilmente immaginare perché il professor Conte lo ha già annunciato sia pure in campagna elettorale: fuoco e fiamme nell’intenzione di tener viva – soprattutto al Sud e prima di tutto in Campania e nello specifico a Napoli e dintorni – la memoria di una battaglia che ha assicurato a ciò che resta del M5S la possibilità di contendere al Pd la leadership del fu centrosinistra. Insomma, sarà scontro frontale. Perché in gioco vi sono due visioni diverse e inconciliabili del rapporto tra Stato e società e ciò che inevitabilmente ne deriva in termini di variabile consenso elettorale.
Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha già annunciato con una nota ministeriale che il contratto dei navigator non sarà rinnovato. Il loro compito, del resto, si è rivelato non solo fallimentare ma anche vano fin dal principio: assunti a tempo determinato per trovare lavoro ai percettori del Reddito, si sono infatti ritrovati nell’assurda situazione di scovare un’occupazione per chi non aveva intenzione di lavorare. Il fallimento, dunque, era già inscritto nella loro assunzione e oggi, dopo un periodo di impiego, i navigator ritorneranno anch’essi in una situazione di disoccupazione che non potrà contare su di un Reddito di cittadinanza modificato in Reddito di inclusione che sarà riconosciuto, attraverso i Comuni, a chi versa in condizioni di bisogno e di povertà.
Proprio qui c’è il punto dolente: la povertà, infatti, non è stata abolita – com’era stato invece demagogicamente e poco francescanamente annunciato – e l’unico modo universalmente riconosciuto per rintuzzarla è lavorare. La nostra società, senza tirare in ballo l’articolo 1 della Costituzione, si basa sul lavoro e sulla necessità di lavorare. La sottolineatura non è secondaria dal momento che senza lavorare non c’è la possibilità di aiutare i poveri, i bisognosi e chi, insomma, per vari motivi non può lavorare. Ridare priorità al lavoro e – si spera fortemente – alla cultura dell’iniziativa e dell’impresa è la strada da percorrere per aiutare i più bisognosi. In altre e semplici parole che si ritrovano in Einaudi, in Hayek e nel padre di famiglia abituato a far di conto, la “giustizia sociale” non è la correzione del mercato ma un’opportunità che lo stesso mercato crea e rende possibile considerare e attuare. Lo scontro tra governo e opposizioni – e tra le opposizioni – avviene proprio su questo terreno della “giustizia sociale” in cui ribollono interessi, conti, passioni da cui nascono o politiche riformatrici o politiche populiste. Le seconde le abbiamo già viste all’azione, le prime le attendiamo e se ci saranno con serietà e rigore saranno le benvenute.
Giorgia Meloni ha utilizzato uno slogan per riassumere la filosofia ispiratrice dell’azione di governo: “Non disturbare chi vuol fare”. Purtroppo, governare non è usare slogan. Certo, il suo piglio è espressione di volontà. Tuttavia, potere e volere non vanno sempre d’amore e d’accordo perché di mezzo c’è quella cosetta piccola piccola che si chiama realtà. La modifica del Reddito è senz’altro un ritorno alla realtà. Ma è decisivo che il principio del realismo valga in ogni campo.
Di Giancristiano Desiderio
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