Alitalia è costata al contribuente italiano 10 miliardi di euro. Una follia. Ai suoi dipendenti sono stati concessi privilegi sconosciuti in qualsiasi altra azienda o quasi. Una follia. Furono gli stessi dipendenti Alitalia a innescare l’ultima e irreversibile crisi, votando contro l’accordo trovato con Etihad. Una follia.
Eppure, da chi come noi non ha mai nascosto l’assoluta contrarietà a quelle politiche, va concesso un doveroso onore delle armi alla hostess che – in un video divenuto virale – ci ha rivolto un bel saluto in occasione dell’ultimo volo della A ‘tricolore’. Sentito, persino commovente, nel chiudere una pagina di storia che non avrebbe meritato lo spreco di questi lunghi anni improduttivi.
Tocca a Ita Airways, adesso: abbiamo già espresso più di una perplessità sulle capacità industriali di una compagnia così piccola, in una fase caratterizzata da progressive concentrazioni di mercato.
Scorgiamo, però, dei segnali importanti: il presidente esecutivo, Alfredo Altavilla, ha sottolineato l’impegno della nuova società a considerare un obbligo l’attenzione ai soldi dei contribuenti (mica poco), dopo aver imposto un processo di selezione da azienda normale (mica poco anche questo).
L’assegnazione del marchio Alitalia a Ita per 90 milioni – l’asta era andata deserta – ci ricorda inoltre che puoi valutare anche 1.000 miliardi un brand, ma è il mercato a decidere. Non basterà a garantire un futuro, ma i presupposti segnano una rottura completa con quel passato che ha portato all’addio dell’ultimo volo AZ.
di Marco Sallustro
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Tag: Italia
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