A proposito del «Nessuno deve pagare più tasse!» i conti sono sempre uguali e pervicacemente non tornano. Se solo il 4% dei contribuenti dichiara redditi superiori ai 70mila euro l’anno, chi possiede i natanti ormeggiati e le tante automobili, non propriamente utilitarie, parcheggiate?
Posto che sostenere sia “ricco” chi guadagna e dichiara 100 o 150mila euro l’anno, lasciandone la metà quale contributo alla socialità, è una via di mezzo fra una battuta di spirito e una scemenza da abbattere, e posto che quel 4% di contribuenti versa quel che serve a finanziare ciò che utilizzano tutti gli altri (il 29% del gettito complessivo, non potendo usufruire di nessuna agevolazione riservata ai presunti poveri), la citata affermazione pro contribuenti va corretta: chi paga deve pagare di meno, scovando chi non paga.
Una riforma fiscale ha senso se – mantenendo ferma la pressione in rapporto al prodotto interno lordo, già molto alta – ne redistribuisce più equamente il peso. Il che non significa affatto far pagare di più i “ricchi”, che, anzi, se si riesce a incontrarli andrebbero abbracciati e ringraziati, ma far pagare di più gli evasori. Anche censendo le case non accatastate, quindi oggetti in evasione fiscale comprate da evasori fiscali.
Colpire i grandi evasori è cosa buona e giusta, ma va colpita anche la grande evasione, che è disseminata in tante condotte evasive che incentivano la connivenza: il cittadino cliente che evade l’Iva è complice del cittadino fornitore che evade l’Irpef.
di Gaia CenolLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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