La giustizia fiscale è semplice se digitale
L’Italia è ancora troppo lontana da un sistema fiscale ragionevole ed efficiente. La soluzione, per semplificare le procedure, sarebbe digitalizzare la giustizia fiscale.
| Economia
La giustizia fiscale è semplice se digitale
L’Italia è ancora troppo lontana da un sistema fiscale ragionevole ed efficiente. La soluzione, per semplificare le procedure, sarebbe digitalizzare la giustizia fiscale.
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La giustizia fiscale è semplice se digitale
L’Italia è ancora troppo lontana da un sistema fiscale ragionevole ed efficiente. La soluzione, per semplificare le procedure, sarebbe digitalizzare la giustizia fiscale.
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L’Italia è ancora troppo lontana da un sistema fiscale ragionevole ed efficiente. La soluzione, per semplificare le procedure, sarebbe digitalizzare la giustizia fiscale.
Il governo ha proposto una leggera riduzione delle aliquote Irpef. Buona mossa, ma l’Italia resta lontanissima da un sistema fiscale ragionevole ed efficiente. Guardando le cifre ufficiali, siamo uno Stato di ‘poveri’ che si mantiene grazie alle tasse sui ‘ricchi’, cioè quell’1,5% di italiani che guadagnano più di 4.500 euro netti al mese.
Il 45% dei contribuenti italiani dichiara meno di 15mila euro lordi di reddito annuale: 18 milioni di dichiarazioni dei redditi che vanno compilate, presentate e in teoria verificate annualmente dall’Agenzia delle entrate… producendo infinite scartoffie, molto tempo perso e pochissimo gettito netto. Considerato che chi guadagna meno di 1.500 euro al mese probabilmente consuma quasi tutto il reddito, e quindi già paga circa il 20% di tassazione indiretta (Iva, benzina, tabacchi et cetera), non sarebbe molto più semplice e logico semplicemente eliminare completamente l’Irpef sui redditi annuali inferiori a 15mila euro? Alla metà degli italiani ufficialmente ‘poveri’ sarebbe unicamente richiesto di dichiarare ogni anno di avere redditi soggetti a Irpef inferiori a 15mila euro, chiarito che se tale dichiarazione risulta falsa l’interessato commette un reato penale. Incrociando la lista di tali contribuenti ‘poveri’ con i dati del registro automobilistico, del catasto degli immobili, dei depositi bancari e con altri parametri rilevanti, i computer dell’Agenzia delle entrate potrebbero automaticamente identificare incongruenze meritevoli di accertamenti.
Ovviamente, tutto ciò funziona solo se le banche dati in oggetto sono digitali, aggiornate e incrociabili in automatico. Questi controlli digitali dovrebbero comunque avvenire in tutti i casi in cui il contribuente in oggetto chiede un sussidio pubblico di qualsiasi tipo, destinato ai meno abbienti. L’altra metà dei contribuenti meno ‘poveri’ dovrebbe invece continuare a presentare la dichiarazione Irpef e pagare il dovuto, restando soggetto a eventuali verifiche da parte del fisco e a un possibile contenzioso amministrativo, con risvolti penali solo in caso di dolo.
Ovviamente, come (in teoria) per quella penale, anche nella giustizia fiscale dovrebbe restare la presunzione d’innocenza mentre accusa (l’Agenzia delle entrate) e difesa (il contribuente) dovrebbero potersi confrontare ad armi pari davanti a un giudice indipendente o, meglio, per via arbitrale. La giustizia fiscale, insomma, passa per la digitalizzazione, la semplificazione e per un arbitraggio indipendente nel contenzioso.
di Ottavio Lavaggi
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