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La Rai rischia di affondare

Giorgia Meloni sta affondando la Rai? Tra flop di ascolti, addii e una concorrenza spietata, cerchiamo di capire la strategia industriale per salvare “mamma Rai”
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La Rai rischia di affondare

Giorgia Meloni sta affondando la Rai? Tra flop di ascolti, addii e una concorrenza spietata, cerchiamo di capire la strategia industriale per salvare “mamma Rai”
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La Rai rischia di affondare

Giorgia Meloni sta affondando la Rai? Tra flop di ascolti, addii e una concorrenza spietata, cerchiamo di capire la strategia industriale per salvare “mamma Rai”
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Giorgia Meloni sta affondando la Rai? Tra flop di ascolti, addii e una concorrenza spietata, cerchiamo di capire la strategia industriale per salvare “mamma Rai”
Fra i tanti enigmi di questa stagione politica dominata dalla destra c’è questo: Giorgia Meloni sta affondando la Rai? E perché? Sul fatto che il servizio pubblico si stia colpendo da solo, nel più puro stile Tafazzi, non ci sono dubbi: tutti i dati dimostrano il crollo degli ascolti. In particolare nei programmi delle new entries amiche del governo ma anche per le evidenti grandi difficoltà dei Tg, in particolare del più ‘meloniano’: il Tg2. I programmi di Nunzia De Girolamo e Pino Insegno (ma non solo) passeranno alla storia della Rai come i più clamorosi flop mai visti, gli emblemi di una stagione che si profila fra le peggiori di sempre. Colpa loro, senza dubbio. Ma anche colpa di chi ce l’ha messi. Gli stessi, peraltro, che si sono fatti scappare galline dalle uova d’oro come Fabio Fazio: vale a dire la presidente del Consiglio e la sua squadra, convinti che bastasse arraffare brandelli di tv per costruire un pezzo importante di quella egemonia culturale che, come il coraggio di don Abbondio, se non ce l’hai (se non ne hai i requisiti) non te la puoi dare. Ma siccome Pino Insegno non è esattamente Umberto Eco né Nunzia De Girolamo è Angelo Guglielmi, altro che egemonia: siamo a Teletuscolo (antica tv privata di Roma). Soltanto una politica da Strapaese poteva ritenere che con personaggi simili si potesse costruire un nuovo racconto nazionalpopolare. Può darsi che Meloni – che anagraficamente e culturalmente appartiene a un’epoca più Fininvest che Rai – consideri viale Mazzini una torta un po’ avariata da cui sbocconcellare qualche pezzo e nulla più, una specie di berlusconismo macchiato dalla logica ‘amicale’ dei piccoli favori in stile democristiano. Insieme al disastro degli ascolti, non è inoltre chiarissima la strategia industriale che il governo intende proporre per un’azienda che, già in cattive acque, va verso un anno di perdite come accade in tutti gli anni ‘pari’: quelli dei grandi appuntamenti sportivi che fanno sborsare un sacco di soldi (nel 2024, Europei e Olimpiadi). Malgrado il nuovo management, la Rai continua a buttare soldi in produzioni inutili, in compensi non giustificati, in un tran tran privo di idee innovative, mentre la concorrenza si muove, eccome. Mediaset sta superando la Rai. Più che per meriti suoi, per demeriti di viale Mazzini. Mentre siamo nell’era delle piattaforme, in un altro mondo rispetto al famoso duopolio: un oceano in continuo movimento nel quale l’ex corazzata Rai sembra una zattera in cerca di un qualunque approdo e rischia seriamente di affondare. È questa la mission di Giorgia Meloni? Il piccolo problema è che il servizio pubblico, oltre a essere una infrastruttura fondamentale del Paese, lo paghiamo tutti. di Mario Lavia

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