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L’incombere della bancarotta

I rischi delle sanzioni alla Russia sono evidenti, per questo bisogna ricordare che l’obiettivo di queste ultime è quello di costringere Putin a mollare l’osso e pagare i danni arrecati. Rispondendone politicamente, finanziariamente e penalmente.
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L’incombere della bancarotta

I rischi delle sanzioni alla Russia sono evidenti, per questo bisogna ricordare che l’obiettivo di queste ultime è quello di costringere Putin a mollare l’osso e pagare i danni arrecati. Rispondendone politicamente, finanziariamente e penalmente.
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L’incombere della bancarotta

I rischi delle sanzioni alla Russia sono evidenti, per questo bisogna ricordare che l’obiettivo di queste ultime è quello di costringere Putin a mollare l’osso e pagare i danni arrecati. Rispondendone politicamente, finanziariamente e penalmente.
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I rischi delle sanzioni alla Russia sono evidenti, per questo bisogna ricordare che l’obiettivo di queste ultime è quello di costringere Putin a mollare l’osso e pagare i danni arrecati. Rispondendone politicamente, finanziariamente e penalmente.
Mercoledì la Federazione Russa e un’importante impresa siderurgica russa, Severstal, hanno comunicato di aver pagato in dollari Usa gli interessi dovuti su due obbligazioni ma di non essere certi che gli intermediari occidentali verseranno tali fondi ai creditori. Immagino abbiano chiesto di fare i pagamenti con le riserve oggetto di sanzioni, per cui detti intermediari dipendono ora dalle decisioni in materia dell’Ofac (Ufficio controllo dei beni stranieri). Al momento in cui scrivo non conosco la risposta al quesito, ma osservo che sarebbe masochista per l’Occidente impedire a Putin e alle imprese private russe di onorare i debiti esterni se intendono continuare a farlo, esclusi beninteso i pagamenti diretti a istituzioni o persone sanzionate. Innanzitutto, gli investitori occidentali che hanno comprato anni fa obbligazioni russe non sono ‘colpevoli’ di alcunché e dunque ‘punirli’ non avrebbe senso. Diversamente, la proposta di non consentire alla Russia di indebitarsi nuovamente all’estero per finanziare la guerra o l’occupazione di Paesi sovrani appare perfettamente fondata, come pure il blocco dei fondi degli oligarchi putiniani. Gli Stati, di norma, finanziano il servizio dei propri debiti emettendo nuove obbligazioni. Bloccando nuove emissioni si arriva comunque alla bancarotta, a meno di registrare un forte e costante eccedente della bilancia commerciale e di obbligare gli esportatori a cedere la valuta alla banca centrale, di fatto dissanguando l’economia. L’Occidente ha interesse a difendere la funzione del dollaro e dell’euro come monete di riserva e come strumenti monetari della globalizzazione. Il blocco delle riserve russe deve essere un evento straordinario, limitato nel tempo, se si vuole mantenere il sistema finanziario dell’Occidente come centro del mercato globale. Bloccare i pagamenti dovuti a persone non sanzionate sarebbe un controsenso. La stessa Cina ha fatto ieri un passo esplicito in difesa del mercato globale, sostenendo i corsi delle azioni cinesi quotate a Hong Kong, in dollari, che sono risalite fortemente in conseguenza. Non sappiamo se i tentativi di compromesso diplomatico in corso tra Russia e Ucraina avranno esito positivo, ma è chiaro a tutti che qualsiasi accordo imposto con le armi a un Paese aggredito sarebbe un “patto leonino” che andrà rispettato soltanto se le circostanze non cambieranno per il meglio. Anche in caso di armistizio, tuttavia, resterà la questione dei danni di guerra: la logica e l’etica impongono che a pagarli sia l’aggressore. I danni sono già centinaia di miliardi di dollari. Più o meno il montante delle riserve valutarie russe bloccate in Occidente (e nell’Oriente libero). Facciamoci un pensierino. L’obiettivo delle sanzioni, insomma, è di costringere Putin a mollare l’osso e a pagare i danni arrecati, rispondendone politicamente, finanziariamente e penalmente, non quello di riportare la Russia dentro una “cortina di ferro”.   Di Ottavio Lavaggi

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