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L’oro giallo della Sicilia è in crisi

Il settore agrumicolo, fiore all’occhiello della regione Sicilia, è in crisi. Gli agricoltori hanno lanciato l’allarme e il rischio è un tracollo non solo della raccolta di agrumi ma dell’intera filiera e dell’economia regionale.

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L’oro giallo della Sicilia è in crisi

Il settore agrumicolo, fiore all’occhiello della regione Sicilia, è in crisi. Gli agricoltori hanno lanciato l’allarme e il rischio è un tracollo non solo della raccolta di agrumi ma dell’intera filiera e dell’economia regionale.

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L’oro giallo della Sicilia è in crisi

Il settore agrumicolo, fiore all’occhiello della regione Sicilia, è in crisi. Gli agricoltori hanno lanciato l’allarme e il rischio è un tracollo non solo della raccolta di agrumi ma dell’intera filiera e dell’economia regionale.

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Il settore agrumicolo, fiore all’occhiello della regione Sicilia, è in crisi. Gli agricoltori hanno lanciato l’allarme e il rischio è un tracollo non solo della raccolta di agrumi ma dell’intera filiera e dell’economia regionale.

La raccolta delle arance dovrebbe partire tra un paio di settimane, ma in Sicilia le prospettive per questa stagione sono tutt’altro che rosee. Gli agricoltori hanno lanciato l’allarme: i consumi di frutta sono in calo, la prova l’hanno già avuta con la frutta estiva. Meno 30% a fronte di costi che – visto quello che sta accadendo con le bollette – non fanno che aumentare. E per un settore che dà lavoro ad almeno 18mila persone, c’è il rischio che raccogliere la frutta convenga meno che lasciarla marcire sugli alberi.

L’allarme riguarda l’intera filiera: non soltanto quindi chi possiede le aziende agricole, ma anche chi imballa o trasforma in marmellate e succhi quegli agrumi che non possono essere venduti al dettaglio. Proprio due delle principali aziende che producono succhi di frutta hanno già fermato la loro produzione: su di loro pesa in modo inesorabile il caro energia. E d’altronde quelli legati alla corrente elettrica sono costi insopprimibili: perché non vada a male, il succo dev’essere conservato in celle frigorifere. E allora meglio chiudere piuttosto che ritrovarsi con bollette triplicate a fronte di ricavi che vanno calando. Soltanto che a catena crolla tutto: chi trasforma non lavora e chi produce si ritrova con invenduti di cui deve liberarsi. Le arance tra l’altro sono considerate rifiuti speciali e quindi anche il costo per il loro smaltimento diventa un problema per gli agricoltori.

In questo contesto incidono poi regolamentazioni non uniformi: la frutta che arriva da altri Paesi dove le norme sull’utilizzo di prodotti chimici sono meno stringenti – ad esempio la Spagna – finisce per costare meno e conservarsi meglio. Col risultato che quelle che dovrebbero essere eccellenze italiane non sono competitive neanche sui banchi del supermercato. Per questo sarebbe giusto chiedere che le normative vengano quantomeno uniformate a livello europeo. Sullo sfondo rimane poi l’annoso problema del nero, inutile negarne l’esistenza e soprattutto cercarne le colpe all’esterno.

Dalla buona salute del settore agrumicolo dipendono tantissime famiglie, in particolare nella zona della provincia di Catania dove proprio arance, mandarini e limoni rappresentano uno dei comparti produttivi più importanti. Un giro d’affari che vale oltre un miliardo di euro l’anno. Il valore delle esportazioni delle arance dalla Sicilia tocca i 68 milioni di euro ma è altrettanto importante quello dei limoni (59 milioni) nonché dei mandarini e delle clementine (che valgono entrambi 2,5 milioni). Numeri che rendono l’idea del perché con tanto vigore le associazioni di categoria si stiano muovendo a campagna di raccolta non ancora iniziata.

Spiegano che i costi sono incerti (su di essi incidono anche quelli per il trasporto) e ancor di più i ricavi. Rischiamo un disastro annunciato. Come ci confida il presidente della Cia della Sicilia Orientale, «gli agricoltori di oggi rischiano di essere i disoccupati di domani».

di Annalisa Grandi

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