Novità Superbonus, Dominici: finalmente un po’ di chiarezza
Dopo mesi di confusione e incertezza, l’ultimo intervento normativo pare dare finalmente stabilità al tema del Superbonus. Ecco le principali novità
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Novità Superbonus, Dominici: finalmente un po’ di chiarezza
Dopo mesi di confusione e incertezza, l’ultimo intervento normativo pare dare finalmente stabilità al tema del Superbonus. Ecco le principali novità
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Novità Superbonus, Dominici: finalmente un po’ di chiarezza
Dopo mesi di confusione e incertezza, l’ultimo intervento normativo pare dare finalmente stabilità al tema del Superbonus. Ecco le principali novità
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Dopo mesi di confusione e incertezza, l’ultimo intervento normativo pare dare finalmente stabilità al tema del Superbonus. Ecco le principali novità
Dopo il parere positivo della Camera, mercoledì il Senato, dove è stata posta la questione di fiducia, ha convertito il decreto crediti in legge. Una norma che dà finalmente un po’ di stabilità, per diversi motivi:
– si stabilisce un elenco chiaro e snello di documenti che il privato deve presentare alla banca, affinché l’acquisto del credito non sia considerato in mala fede né incauto;
– viene confermata la proroga per la cessione del credito dal 31 marzo al 30 novembre per coloro che abbiano terminato i lavori
Abbiamo approfondito le novità con Christian Dominici, commercialista e consulente tra le più importanti banche retail e di secondo livello.
Le ultime modifiche hanno dato stabilità al meccanismo del Superbonus?
Stabilità è la parola giusta perché il sistema in questi ultimi mesi non ha funzionato bene a causa dei numerosissimi cambi normativi, che, a seconda di come li contiamo, sono stati 15-16 nel corso di questi tre anni.
Dal decreto legge del 16 febbraio, confermato in Parlamento, c’è stata più stabilità perché si è stabilito un elenco minimo di documenti che sanciscono la buona fede del contribuente. Dopo il voto favorevole della Camera, mercoledì il Senato ha approvato il decreto crediti, trasformandolo in legge. A seguito di quest’intervento, le banche e gli operatori tutti sono tornati ad avere interesse verso la materia dei bonus edilizi.
L’elenco dei documenti in qualche modo aiuta le banche perché chiunque detenga quell’elenco è tranquillo di non subire le conseguenze che derivano da un acquisto considerato incauto o non in buona fede.
Quali sono i documenti richiesti dalla nuova legge?
– Il titolo edilizio abilitativo degli interventi, oppure, nel caso di interventi in regime di edilizia libera, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui sia indicata la data di inizio dei lavori ed attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere rientrano tra quelli agevolabili, anche se i medesimi non necessitano di alcun titolo abilitativo, ai sensi della normativa vigente;
– notifica preliminare dell’avvio dei lavori all’Asl, oppure, nel caso di interventi per i quali tale notifica non è dovuta in base alla normativa vigente, dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che attesti tale circostanza;
– visura catastale dell’immobile oggetto degli interventi rilasciata prima dei lavori, oppure, nel caso di immobili non ancora censiti, domanda di accatastamento;
– fatture, ricevute o altri documenti che provino le spese sostenute, nonché i documenti che attestano l’avvenuto pagamento delle spese medesime;
– asseverazioni, quando obbligatorie per legge, dei requisiti tecnici degli interventi e di congruità delle relative spese, corredate da tutti gli allegati previsti dalla legge, rilasciate dai tecnici abilitati, con relative ricevute di presentazione e deposito presso i competenti uffici;
– nel caso di interventi su parti comuni di edifici condominiali, delibera condominiale di approvazione dei lavori e relativa tabella di ripartizione delle spese tra i condomini;
– nel caso di interventi di efficienza energetica, la documentazione prevista dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, del 6 agosto 2020, recante “Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici – cd. Ecobonus”, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 246 del 5 ottobre 2020, oppure, nel caso di interventi per i quali uno o più dei predetti documenti non risultino dovuti in base alla normativa vigente, relativa autodichiarazione;
– visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesti la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione sulle spese sostenute per le opere
Chi sono i contribuenti interessati da questa novità?
Questo sistema funziona per coloro che hanno già fatto i lavori e che ora possono comunicare la cessione del credito fino al 30 novembre. La scadenza era precedentemente fissata al 31 marzo.
SI tratta di un meccanismo utile per smaltire quei famosi 19 miliardi di euro di valore che non erano stati ceduti ed erano rimasti incagliati perché la normativa era cangiante e gli operatori poco sereni.
Ricordiamo che il decreto ha escluso la possibilità di cessione del credito dopo il 16 febbraio. Potrà optare per questa soluzione solo chi ha ottenuto la CILAS e la delibera condominiale prima del 16 febbraio 2023. Tutti gli altri possono usufruire dei benefici fiscali, ma solo in proprio con la dichiarazione dei redditi, senza possibilità di cessione.
Chi non può cedere il credito, in quanto tempo lo può recuperare con la dichiarazione dei redditi?
Anche qui ci sono novità importanti. Prima del decreto di febbraio, si prevedeva che il credito fosse recuperabile solo in 4 anni. In seguito, si è prevista la possibilità di spalmare il recupero del credito in 10 anni, allargando esponenzialmente la platea dei possibili beneficiari.
Perché un consumatore dovrebbe scegliere di recuperare i soldi in 10 anni e non in 4?
Trattandosi di detrazioni, per poterne giovare, il contribuente deve avere una sufficiente capienza fiscale. In pratica, il credito deve trovare compensazione dalle imposte che maturano nella dichiarazione dei redditi di quell’anno. Facciamo l’esempio di un contribuente che abbia come unica fonte di introito lo stipendio da lavoratore subordinato: tutte le ritenute vengono già operate dal datore di lavoro che opera come sostituto di imposta, se ci aggiungiamo qualche spesa medica è già a credito con il Fisco. In questi casi sarebbe molto difficile, laddove non impossibile, spalmare la detrazione in soli 4 anni.
E la questione relativa alla tax capacity delle banche?
Le banche avevano denunciato di aver esaurito la propria tax capacity e che, quindi, non potevano più comprare crediti. L’Agenzia delle Entrate ha smentito questa affermazione riportando ancora un margine di 15-16 miliardi di tax capacity per gli istituti bancari. A questa rilevazione è seguita la reazione delle banche che hanno esternato il timore di essere considerate in mala fede dall’AdE anche dopo l’acquisto del credito. Un giudizio del genere rischia di generare in capo alle banche complessi adempimenti, e, soprattutto, la possibilità di vedersi pignorati i crediti.
Adesso lo Stato ha dato tre risposte importanti che dovrebbero tranquillizzare le banche:
– elenco dei documenti snello e chiaro, ricevuto il quale la banca non corre il rischio di essere considerata in mala fede o rea di aver fatto un acquisto incauto;
– la possibilità, a partire dal 2024, di convertire il 10% dei crediti edilizi in Btp. Questa possibilità consente agli istituti di liberare una parte di tax capacity
– la possibilità di cedere il credito ai correntisti, che è un’ulteriore via per liberare capacità fiscale. Per agevolare ancora di più il meccanismo, la legge non richiede al correntista che acquisti il credito di recuperare tutti i documenti richiesti già alle banche. Per validare l’acquisto del credito da parte del correntista, sarà sufficiente una dichiarazione dell’istituto cedente che afferma di aver ricevuto tutti i documenti richiesti dalla legge”.
Quindi la situazione cambierà in maniera drastica adesso?
È auspicabile che le banche facciano delle due diligence differenti rispetto al “primo” ecobonus quando i servicer stranieri chiedevano una marea di documenti di fatto bloccando la cessione e a volte rovinando il nome della banca. L’opinione pubblica ha ritenuto le banche responsabili dei famigerati rallentamenti nel meccanismo, quando a rallentare tutto spesso erano le grandi piattaforme straniere. Per dare seguito a questa normativa che semplifica la procedura, sarebbe opportuno che gli istituti bancari facciano affidamento a servicer italiani che richiedano solo i documenti effettivamente necessari ai fini della legge.
Di Giovanni Palmisano
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