«Temi che qualcuno che conosci stia diventando un estremista?». Così recita una notifica Facebook, una delle tante che riportano l’attenzione sul tema della libertà di pensiero all’interno dei social. Come si può equilibrare libertà di pensiero e tutela dei diritti all’interno di un universo web regolato da un’azienda privata quotata in borsa e necessariamente portata a dover tracciare un limite a usi ‘impropri’ della propria creazione?
D’altro canto, arrivare a una regolazione normativa di questi potenti strumenti era ed è una necessità non più rinviabile non solo per gli Stati nazionali, impegnati a dover perseguire nuove tipologie di reato, ma anche per gli stessi gestori delle piattaforme che necessitano di controllare che i canali di comunicazione da loro creati non diventino un viatico di messaggi di odio e violenza.
Esiste però un rischio, perfettamente riassumibile nella notifica prima citata: quello di dar vita e alimentare una caccia alle streghe, offrendo una sorta di ‘cassetta delle lettere’ virtuale in cui ognuno di noi può depositare la propria segnalazione, denunciando altri con l’apparente assenza di criteri di equità. Mettere nelle mani degli iscritti la responsabilità di ‘dare la caccia’ a coloro che utilizzano ‘impropriamente’ il loro profilo social – seguendo come criterio la propria sensibilità e le proprie idee valoriali – crea di per sé una distorsione e ci porta su una china pericolosa, in cui la mia libertà di esprimermi viene messa in dubbio da un non identificato sistema valoriale in grado di decidere se quello che penso sia giusto o sbagliato. Un post fortemente patriottico, una presa di posizione su temi complessi come la religione e la politica: sarebbero davvero molti gli esempi di tematiche in cui l’accettabilità o meno del pensiero altrui è fortemente connessa alla propria idea di mondo. Come si può allora pensare di connaturare un sistema di controllo su queste basi?
Sia chiaro. Nessuno nega la necessità di adoperarsi affinchè il mondo social possa diventare un luogo protetto e tutelato il più possibile, ma si deve trovare la strada giusta e, naturalmente, non nazionale.
di Matteo Bizzotto Montieni
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